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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 26 ottobre 2023

Mentre il ministro della Giustizia Nordio continua a considerare l’ormai datata e difficile realizzazione del riutilizzo delle caserme militari dismesse per risolvere il problema carcerario, Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino ha divulgato i dati rielaborati attraverso gli aggiornamenti del Dap, evidenziando uno scenario caotico nel sistema penitenziario italiano.

Al 30 settembre del 2023, i dati rivelano un sistema sovraffollato con una capienza regolamentare di 51.285 posti e un sovraffollamento effettivo del 124%. Questo significa che ci sono 58.987 detenuti presenti, superando la capacità regolamentare di 7.702 posti. Non solo. Nonostante la crescente popolazione carceraria, il personale è insufficiente. Gli educatori, essenziali per la riabilitazione, erano ben al di sotto del necessario. Con soli 785 educatori assegnati per un totale di 58.987 detenuti, risultano 75 detenuti per ogni educatore. Problemi anche per quanto riguarda gli agenti penitenziari. Sulla carta risultano assegnati agli istituti 36.970, ma effettivi sono 31.704 A questo si aggiunge la carenza di direttori e personale amministrativo.

Sempre dai dati rielaborati da Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino, a fronte di 98 istituti sovraffollati su 189, ci sono 57 istituti che non hanno un direttore titolare e 15 carceri sono anche privi di direttore anche reggente. Altro dato è che 43 direttori gestiscono più di una struttura. Questa mancanza di supervisione e guida ha, di fatto, conseguenze gravi sulla sicurezza e sulla gestione delle carceri. Anche il personale amministrativo è sottodimensionato, con solo 3.196 membri assegnati su una pianta organica di 4.045. Non va bene nemmeno per quanto riguarda il numero dei magistrati di sorveglianza, fondamentali per le istanze dei detenuti. I dati elaborati attraverso il Consiglio superiore della magistratura, parlano chiaro. La pianta organica magistrati di sorveglianza è composta da 246 unità. I magistrati di sorveglianza effettivi sono 212. Pe quanto riguarda la pianta organica dei presidenti dei Tribunali di Sorveglianza sono 29. Quelli effettivi 28.

Questi dati sottolineano una crisi umanitaria all’interno delle carceri italiane. Sovraffollamento, il deficit degli organici dei direttori, degli educatori, degli agenti di polizia penitenziaria, del personale amministrativo. Come evidenzia Nessuno Tocchi Caino il “sistema penitenziario” italiano non regge, soprattutto se si considerano le finalità costituzionali che sono quelle di una privazione della libertà che non degeneri in trattamenti contrari al senso di umanità e che persegua la finalità rieducativa e risocializzante del condannato.

Inevitabile ricordare quando, nel corso della sua ultima presentazione annuale al Parlamento, il Garante Nazionale delle Persone Private della Libertà ha fornito un’analisi dettagliata della situazione carceraria in Italia. Ha sottolineato un aumento costante nel numero di individui detenuti per pene estremamente brevi: a giugno scorso, ma ora i dati sono aumentanti, risultano 1551 persone detenute per pene inferiori a un anno, mentre altre 2785 scontano pene tra uno e due anni. Questo fenomeno, ha evidenziato il Garante, mette in luce le gravi lacune del sistema carcerario italiano.

Una delle principali criticità risiede nella mancanza di progetti di rieducazione per queste persone, in quanto il tempo necessario per valutarle supera spesso la durata effettiva della loro detenzione. Inoltre, queste brevi e frequenti esperienze di reclusione contribuiscono a una sorta di “serialità” che oscilla tra periodi di libertà e periodi di detenzione, aggravando ulteriormente la marginalità sociale degli individui coinvolti. Il Garante ha rilevato che la mancanza di accesso a misure alternative alla detenzione per queste pene così brevi è indicativa di una povertà sistemica. Questa povertà si manifesta non solo a livello sociale e legale ma anche in termini materiali, con la mancanza di alloggi adeguati che spesso impedisce l’assegnazione di tali misure a individui che ne hanno bisogno.

L’analisi del Garante ha evidenziato che la presenza di queste persone in carcere solleva interrogativi profondi sul tessuto sociale italiano. Queste vite sono caratterizzate da una marginalità che avrebbe dovuto ricevere risposte diverse dalla società, al fine di ridurre il rischio di commettere reati. Ha sottolineato che il diritto penale e, in particolare, la privazione della libertà dovrebbero essere considerati come misure estreme, attuabili solo quando altre forme di supporto e riduzione dei conflitti nella collettività hanno fallito. Il Garante ha proposto l’adozione di strutture alternative al carcere, con un forte legame con il territorio, per le persone coinvolte in reati di minore rilevanza determinati da fragilità e vulnerabilità. Ha richiamato l’attenzione sul concetto di “detenzione sociale” proposto in passato da Alessandro Margara, suggerendo che tali strutture potrebbero offrire non solo un supporto ma anche un controllo più attento, prevenendo così la sensazione di abbandono che spesso porta a tragici esiti come il suicidio, fenomeno sempre più diffuso tra le persone detenute.

Il Garante ha concluso esortando il Parlamento a prendere provvedimenti in merito, sottolineando l’importanza di agire per rimuovere dal carcere ciò che non può essere correttamente affrontato al suo interno. Ha invitato a un cambio di approccio, affinché il sistema penale italiano diventi veramente sussidiario, intervenendo solo quando necessario e offrendo supporto significativo alle persone vulnerabili per evitare la spirale della marginalità e della criminalità. Ha invitato il Parlamento a cogliere l’opportunità di segnare un cambiamento significativo rispetto alle sfide attuali e alle fragilità vissute all’interno del sistema carcerario. Ma nulla da fare, si pensa ancora al riutilizzo delle caserme dismesse. Vecchia ricetta che era stata riesumata anche dall’ex ministro grillino Bonafede. Ovviamente, finì nel nulla.