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di Edmondo Bruti Liberati

La Stampa, 27 marzo 2024

Dopo preannunci e smentite il governo ha deciso di introdurli nel decreto legislativo sull’ordinamento giudiziario, nonostante le severe critiche da più parti avanzate. I giuristi contestano questa innovazione come del tutto estranea ed incompatibile con i principi dettati dalla legge delega n. 71/2022, cui il governo è tenuto ad attenersi. Gli specialisti del settore contestano l’ipotesi che sia possibile la presupposizione di valutare scientificamente, attraverso test e colloqui, la idoneità psicoattitudinale dei magistrati. “È doveroso chiarire che nessun tecnico, anche soltanto minimamente competente in materia, saprebbe in coscienza avallare una simile supposizione o presunzione; e questo non per un’attuale insufficienza dei nostri strumenti di indagine, ma in ragione di più cogenti criteri metodologici, che impediscono la costruzione di griglie riduttive attendibili, atte a testare funzioni così complesse, che coinvolgono ideali, motivazioni, passioni, interessi, come se si trattasse di mere capacità oggettivamente standardizzabili”. Così si esprimeva un appello del novembre 2004 sottoscritto da decine di autorevoli psichiatri e psicologi della Società psicoanalitica italiana e della Società italiana di psicoterapia psicoanalitica.

Si può poi discutere della concreta praticabilità della ipotesi che un candidato, che ha superato le molto selettive prove scritte ed orali del concorso in magistratura, venga poi “eliminato” dopo un colloquio psico-attitudinale. Si può anche evocare il cattivo sapore di una proposta che ha avuto come primo proponente Licio Gelli nel Piano di Rinascita Nazionale.

Ma occorre andare al nodo della questione, quale è stato posto nitidamente dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un’intervista pubblicata il 3 settembre 2003 dalla rivista inglese The Spectator. Non una gazzetta qualunque, ma, pubblicato la prima volta il 6 luglio 1828, è il settimanale più antico al mondo e certamente tra i più autorevoli. Non un intervistatore qualunque perché era lo stesso direttore Boris Johnson, futuro primo ministro del Regno Unito. “Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. Così il primo ministro italiano al futuro primo ministro inglese.

Spesso viene citata solo la più impressiva seconda parte, ma si tratta di una analisi articolata di cui essenziale è la prima parte. I giudici sono “politicamente matti”: infatti pensano che la magistratura debba essere indipendente dagli altri poteri. E poi sono matti una seconda volta perché, “antropologicamente diversi dalla razza umana”, pensano di voler fare quel lavoro.

Proviamo a metterci nei panni del povero psicologo o collegio di psicologi che deve valutare quella persona che ha appena superato le difficili prove di concorso. In quanto “antropologicamente diverso dalla razza umana” non dovrebbe essere ammesso a svolgere il delicatissimo compito del giudicare. Ma solo questi “matti” pensano di voler fare quel lavoro e tutti matti sono dunque quelli che hanno superato il concorso. Questione non nuova e tuttora insolubile come sappiamo dal romanzo e dal film Comma 22: “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.