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di Liana Milella

La Repubblica, 28 febbraio 2024

Al governo Meloni riesce ciò che non era riuscito a Berlusconi. Test psico attitudinali prima di poter diventare magistrato. Non ce l’ha fatta Berlusconi nel 2008 quando era premier. Ci riesce adesso la maggioranza di centrodestra al governo. Al Senato l’asse Lega-Forza Italia, impersonato dalla solida alleanza tra due avvocati nella vita - la presidente della commissione Giustizia, la leghista Giulia Bongiorno, e il capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin - sfonda il muro dei “ni” dei meloniani che non sono proprio del tutto convinti dall’idea di introdurre i test. Ma alla fine dicono sì in cambio di altri appoggi.

Sono stati licenziati dalla maggioranza a palazzo Madama. Un voto della sola commissione Giustizia perché il “vettore” dei futuri test è il decreto legislativo che attua la legge sull’ordinamento giudiziario di Marta Cartabia. Nel quale proprio Bongiorno ha voluto inserire i test, spiegando che già quando era ministra della Pubblica amministrazione (governo gialloverde), li aveva previsti per quel settore, magnificandone l’effetto.

La notizia dell’introduzione dei test piomba sulla scrivania di Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Anm già “in guerra” col governo - sabato ne parlerà di fronte al “parlamentino” del sindacato dei giudici - per via del concorso straordinario riservato ai soli avvocati con dieci anni di anzianità che era stato portato a Palazzo Chigi avant’ieri, ma si è fermato prima del voto. Vizi di costituzionalità e contrarietà del Colle.

Ma ecco, a Repubblica, il “no” di Santalucia sui test: “Siamo di fronte all’ennesimo proclama, un manifesto che non risponde a esigenze reali perché chiederei a chi lo propone per quali fatti e per quali esigenze concrete si vuole introdurre una norma di tal genere”. E ancora: “Mi sento di tranquillizzare tutta l’opinione pubblica, perché il parametro dell’equilibrio è uno, se non il principale, nella valutazione dei magistrati, soprattutto nei primi anni di carriera. E poi credo sia molto più utile un giudizio sul campo piuttosto che uno affidato a test in fase d’ingresso. Peraltro esiste già una copiosa letteratura su un siffatto modo di stimare l’equilibrio”. E Santalucia conclude così il suo giudizio: “Un programma vecchio, che ci rinvia a un passato che almeno come magistratura ci vorremmo lasciare alle spalle”. Riferimento chiaro ai tempi di Berlusconi.

Il fascicolo personale - Mentre Zanettin dà un altro annuncio, anche questo destinato a contrariare non poco i giudici: “Nel fascicolo personale siano inseriti tutti gli atti e i provvedimenti redatti da ciascun magistrato, e non soltanto quelli scelti a campione”. Un’altra trovata più che sgradita perché fa dipendere la carriera anche dai possibili processi “persi”, ma che certo troverà entusiasta il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa che proprio sul “fascicolo” ha duramente contestato la linea “permissiva” del Guardasigilli Carlo Nordio accusandolo di piegarsi alla volontà delle toghe e di Claudio Galoppi - oggi segretario di Magistratura indipendente nonché ex consigliere giuridico dell’ex presidente del Senato Elisabetta Casellati - che da presidente della commissione ministeriale istituita ad hoc per “limare” la Cartabia ha, secondo Costa, attenuato il peso del fascicolo.

Ovviamente sia sui test che sul fascicolo il Pd al Senato fa le barricate. I dem Alfredo Bazoli, Franco Mirabelli, Anna Rossomando e Walter Verini bocciano i test come “una vera provocazione, di berlusconiana memoria, che evoca l’idea che il problema della magistratura sia la sanità mentale dei giudici”. E ancora: “Una vera sciocchezza, se non fosse che si tratta dell’ennesimo tentativo di delegittimazione della magistratura, secondo un disegno oramai esplicito volto a metterne a rischio indipendenza, autorevolezza, autonomia. Un clima inaccettabile che continueremo a denunciare e contrastare”. Niet ovviamente anche sull’idea del “fascicolo”. Mentre lo stesso Pd si appresta oggi a battersi per salvaguardare tutti i reati di corruzione quando di mezzo c’è uno smartphone.

Lo scontro sui “fuori ruolo” - Mentre alla Camera, dove va in scena l’ennesimo scontro sui magistrati fuori ruolo, lo stesso Pd si scatena contro il governo. Stavolta in compagnia di Costa di Azione. Perché il Guardasigilli, dopo un tira e molla di settimane, decide di rinviare la riduzione del numero di queste, al lavoro nei ministeri, alla Consulta, al Quirinale, prevista dall’ex ministra Cartabia, che li portava da 200 a 180. Resteranno 200, forse qualcuno in più, perché la “merce togata” è assai richiesta, vedi Quirinale, commissione Antimafia, commissioni parlamentari d’inchiesta, e ovviamente i ministeri che non mollano quelli che hanno già in casa. Se ne riparlerà, forse, nel 2026. Qui insorgono sia il Pd che Costa. Per i Dem la responsabile Giustizia Debora Serracchiani e il capogruppo in commissione Federico Gianassi “la funzione del magistrato fuori ruolo è estremamente utile, ma occorre prevedere un limite per evitare eccessi che possono creare problemi all’autonomia necessaria tra governo e magistratura e alle scoperture di organico”. E definiscono “clamorosa” la scelta della destra perché “sconfessa quanto avevano sempre detto, dimostrazione delle loro divisioni che stanno bloccando di fatto il Paese”.

Furibondo Costa, alle “crociate” da sempre contro i fuori ruolo che vorrebbe rimandare tutti negli uffici. “La legge Cartabia impone di ridurne il numero - ricorda Costa - Nordio invece prima fa scrivere la riforma dagli stessi fuori ruolo e li riduce di un nulla, da 200 a 180, ora fa dire alla maggioranza che i fuori ruolo sono essenziali per il PNRR e rinvierà la riduzione al 2026. È una palese violazione della legge delega che faremo rilevare in ogni sede, pur consapevoli che in ogni sede ci sono magistrati fuori ruolo”. Un vero annuncio di “guerra”. In compenso dal Senato, e da Zanettin, gli arriva la “buona notizia” sul fascicolo del magistrato che potrebbe influire anche sul voto alla Camera. Stiamo parlando di “decreti o legislativi” già approvati a palazzo Chigi, che per legge vanno esaminati e votati dalle commissioni, le cui osservazioni però non sono “vincolanti” per il governo. E questo vale sia per i test psico attitudinali sia per il fascicolo sia per i fuori ruolo.