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di Giovanni Negri

Il Sole 24 Ore, 23 marzo 2024

La novità inserita nella riforma dell’ordinamento lunedì al varo del governo apre un altro fronte di scontro alla vigilia della presentazione del Ddl sulla separazione delle carriere. Per i futuri magistrati obbligo di sottoporsi a un test psicoattitudinale. Alla fine, dopo lunga e tormentata riflessione, la novità è stata inserita nella riforma dell’ordinamento giudiziario che lunedì sarà all’esame del consiglio dei ministri. Si apre così un altro fronte di scontro con la magistratura alla vigilia oltretutto della annunciata presentazione, tra pochi giorni, del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Alla valutazione del Governo della Giustizia si era rimesso il Parlamento, con un duplice e identico parere di Camera e Senato.

Semplice valutazione però, formulata nei termini della assai meno stringente “osservazione”, a differenza della sollecitazione a rinviare l’entrata in vigore della riforma dei magistrati fuori ruolo (altro testo all’esame del consiglio di ministri di lunedì), espressa nei termini della più vincolante “condizione”. A essere state superate, ma è una decisione di natura tutta politica, sono state così le riserve, anche giuridiche, che a fine novembre contribuirono a impedire un blitz in quota Presidenza del consiglio per l’inserimento dei test nella riunione del consiglio dei ministri che approvò in prima lettura il decreto legislativo sull’ordinamento giudiziario. Allora venne fatto valere il mancato rispetto della norma delegata ai princìpi della legge delega, tema che potrebbe comunque fare finire la disposizione davanti alla Corte costituzionale.

Durissima era stata pochi giorni fa la reazione dell’Anm all’ipotesi di introduzione dei test, sottolineando lo “screening di massa” cui si intende sottoporre la magistratura, quando “l’equilibrio di un magistrato si misura sul campo, verificandone il lavoro concreto negli uffici giudiziari, le modalità di conduzione delle udienze, la capacità di confrontarsi con i colleghi, con la polizia giudiziaria, con il personale amministrativo, con gli avvocati”. Dove oltretutto, si aggiungeva, a venire allungati e complicati saranno anche i tempi di ingresso in magistratura, proprio quando il reclutamento di nuovi magistrati è un tema caldo in chiave Pnrr.

Più sfumata pare essere invece l’ipotesi elaborata per “rimpolpare” il fascicolo del magistrato, elemento assai significativo nel percorso di valutazione di professionalità del magistrato. Se la versione approvata in prima lettura prevedeva un inserimento dei provvedimenti ascrivibili alla singola toga solo “a campione”, quella finale ne prevede l’arricchimento con altri provvedimento considerati “a richiesta” significativi.

Adottata infine la richiesta parlamentare più pressante, che rinvia al 2026 il debutto della riduzione (già contestata quanto a consistenza) del numero di magistrati collocati fuori ruolo nelle diverse amministrazioni e organi costituzionali. Troppo pesante l’impatto in una fase di particolare stress per la pubblica amministrazione per la necessità di raggiungere gli obiettivi concordati con l’Europa nel Pnrr.