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cr.piemonte.it, 8 giugno 2023

Le condizioni della vita carceraria femminile, con particolare riguardo alle problematiche dell’abitare, dei bisogni materiali, psicologici e relazionali delle detenute, sono state al centro del seminario “Abitare il carcere femminile. Spazi, sicurezza, diritti”, che si è svolto mercoledì 7 giugno alle 17 presso lo spazio Combo (corso Regina Margherita 128) di Torino.

L’incontro, organizzato da Aidia, Associazione italiana donne ingegneri e architetti sezione di Torino, ha ricevuto il sostegno della Consulta femminile regionale. L’obiettivo è stato quello di conoscere la realtà in atto, le esperienze positive e, di contralto, di mettere in evidenza quali sono le criticità della carcerazione in relazione agli spazi riservati alle donne e ai loro figli.

“In un sistema declinato al maschile, manca una considerazione specifica dei bisogni femminili e delle potenzialità che la detenzione femminile può avere nel plasmare una nuova idea di carcere”, ha affermato Gianluca Gavazza, componente dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale delegato alla Consulta femminile -. Comprendere le donne in carcere significa accedere fisicamente ai loro spazi anche per riprogettarli a misura di donna. Da questo si può e si deve ripartire per creare un modello di detenzione nuovo e più aperto, con spazi carcerari che pongono attenzione alle esigenze femminili, e non solo, con pene che acquistano significato, con la creazione di una rete territoriale capillare e continua. Il seminario di Aidia ci restituisce consapevolezza e riflessione su questo tema che non può e non deve essere più accantonato”.

“Le donne sono poco più del 4% della popolazione carceraria italiana, una quota da sempre molto bassa. Nei 17 istituti minorili sono solo il 2,6% del totale. Si tratta, quindi, di una popolazione ampiamente minoritaria inserita in un sistema pensato al maschile, con la conseguenza che appare difficile che essa possa fruire delle medesime attività che sono previste in carcere per il recupero dei detenuti maschi”, ha commentato Ornella Toselli, presidente della Consulta femminile regionale. “Bisogna coniugare la giusta esigenza di far scontare la pena, trattandosi di persone che hanno commesso reati, con la considerazione, da un lato, che anche per le donne in carcere deve esserci la medesima attenzione che è posta per il recupero dei detenuti maschi e, dall’altro, con la necessità che i figli non subiscano, nel limite del possibile, ripercussioni derivanti dal crescere in un ambiente costretto come quello del carcere”.

Le donne detenute in Italia sono 2.504 (dati al 31 maggio 2023), pari al 4,3% delle 57.230 persone ristrette, di cui 20 mamme con 21 bambini al seguito. In Piemonte sono 153 le detenute su un totale di 3.981 presenti (pari al 3,8% inferiore alla media nazionale): 120 a Torino e 33 a Vercelli (le due Case circondariali che in Piemonte hanno attive le sezioni femminili). Al 30 giugno 2022 il numero di detenute presenti nell’istituto penitenziario di Torino “Lorusso-Cutugno” era di 117, mentre a Vercelli 43 per un totale di 160; al 31 dicembre 2022 erano 115 e a Vercelli 32 per un totale di 147 su 4mila detenuti complessivi, pari al 3,6%.

Nell’Istituto a custodia attenuata per mamme con bimbi al seguito (Icam), collocato presso la Casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, al 31 dicembre 2021 erano presenti 2 madri straniere e 2 figli al seguito. Al 27 luglio 2022 le mamme erano 4 con 4 figli, ma al 31 maggio 2023 c’era solo una mamma straniera con un figlio al seguito. Le Case famiglia, dove i bimbi possono rimanere con la madre fino agli 11 anni, sono soltanto due in tutta Italia (Milano e Roma) e al 30 giugno 2022 erano 25 bimbi.

La Regione Piemonte ha attivato un progetto finanziato con fondi nazionali per garantire percorsi alternativi alle mamme con figli al seguito: una lista di strutture convenzionate che si rendono disponibili ad accogliere le mamme con bambini in contesti protetti, ma non penitenziari.

“Proprio il numero esiguo delle donne storicamente presenti nell’ambito dell’esecuzione penale in carcere dovrebbe spingere le istituzioni, statali e regionali, a fare valutazioni diverse e innovative”, ha dichiarato Bruno Mellano, garante regionale delle persone detenute, intervenuto fra i relatori. “Per le 2.504 detenute, come ancor di più per le 20 mamme con 21 bambini al seguito, o ancora per i 385 minorenni o giovani adulti negli istituti penali minorili il carcere come pena potrebbe davvero essere superato ed archiviato con altre forme di restrizione della libertà e con altri percorsi maggiormente efficaci ed efficienti nell’assicurare la “rieducazione” prevista dalla nostra Costituzione repubblicana e garantire la vera sicurezza sociale. Lo scandalo donne ristrette può aiutarci a tramutare in sistema le buone prassi esistenti anche in Italia, partendo dalla considerazione che le donne ristrette in ambiti sempre inadeguati, strutturalmente e funzionalmente, molto spesso sono mamme, a volte nonne o bisnonne, sempre figlie”.

Il garante regionale delle persone detenute ha colto l’occasione del convegno per proporre l’effettuazione di un monitoraggio degli spazi dedicati in Piemonte all’esecuzione penale delle donne anche per comprendere il destino che hanno avuto le carceri un tempo destinate alle donne e poi dismesse.