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di Massimiliano Nerozzi

Corriere di Torino, 15 settembre 2024

Prime sentenze sul reato cancellato. C’è l’agente della penitenziaria che rifila un ceffone a un ragazzo nel carcere minorile “Ferrante Aporti”; il carabiniere che molla uno schiaffo a un’automobilista, alla fine di un diverbio per un controllo stradale; e c’è il poliziotto che maltratta, con le stesse non garbate modalità, un immigrato rinchiuso nel Cpr. Sembra l’incipit di una barzelletta, ma (purtroppo) non c’è molto da ridere: cos’hanno in comune? Tutti prosciolti - in episodi e procedimenti diversi, davanti al gup - con la formula imposta dall’ultima modifica legislativa: “non doversi procedere”, trattandosi di fatti non più previsti dalla legge come reato. Del resto, erano tutti accusati di abuso d’ufficio, reato abrogato dalla legge Nordio, entrata in vigore lo scorso 25 agosto. Va da sé, è stata la stessa Procura ad aver chiesto - correttamente - il proscioglimento per gli imputati, difesi, tra gli altri, dagli avvocati Enrico Calabrese e Carmine Ventura.

Ovviamente, il punto non è appiccicare un giudizio sommario - e generico, quindi sbagliato - su comportamenti delle forze dell’ordine: poiché i procedimenti penali erano stati avviati dalle relazioni di servizio di colleghi presenti (e dal video di una telecamera nel caso del carcere); a riprova che, come in tutte le categorie, c’è chi sbaglia e chi fa il proprio dovere. Il punto sono le prime ricadute, pratiche, dell’abolizione dell’abuso d’ufficio. L’altra parte del racconto, oltre alla “paura della firma da parte dei sindaci”, che sarebbe poi una delle ragioni dietro la decisione del legislatore. Morale: condotte come quelle ipotizzate dalla Procura paiono abbastanza gravi, violando senza ragione diritti fondamentali altrui; di più, poste in essere da un rappresentante dello Stato.

Non è tutto: quando simili comportamenti non sconfinino in vere e proprie violenze o minacce, o nel reato di lesioni (procedibile a querela), sarebbero stati sanzionabili solo a titolo di abuso d’ufficio, appunto. Insomma, dalla legge Nordio in poi, l’impressione è che tali condotte saranno da ritenersi quasi sempre penalmente irrilevanti, trattandosi spesso di abusi commessi nell’esercizio di poteri ampiamente discrezionali, come quelli di forze dell’ordine o di magistrati. Come peraltro avevano avvertito alcuni (inascoltati) accademici: abolendo l’abuso “a danno” si corre il rischio di abbandonare il cittadino alle angherie dei detentori del potere pubblico. Ci vuole una fede temeraria per non sospettare che la modifica legislativa, sul punto, non possa andare in contrasto con il principio di eguaglianza garantito dall’articolo 3 della Costituzione, e quello della possibilità di tutelare i propri diritti, enunciato dall’articolo 24 della Carta.

Detto che assoluzioni per l’abrogazione dell’abuso d’ufficio (per scambio di favori) sono arrivate anche nel processo “Bigliettopoli”, in quest’ultimo si affaccia una simile eventualità pure per il “traffico di influenze illecite” - previsto dall’articolo 346 bis del codice, anch’esso modificato dalla legge Nordio - come chiede, con un’articolata memoria, l’avvocato Mauro Anetrini.

Nella sostanza, ora si parla di “mediazione illecita”, ovvero “finalizzata a indurre il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato, dal quale possa derivare un vantaggio indebito”. Ma - sostiene il legale - in questo caso la mediazione sarebbe stata “astrattamente” riconducibile a un abuso d’ufficio, abrogato: ergo, non vi fu “mediazione illecita”. Alla prossima udienza, dopo le osservazioni della Procura, deciderà il tribunale.