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di Marina Lomunno

vocetempo.it, 5 maggio 2023

Lorusso e Cutugno. Nel penitenziario torinese la celebrazione per due detenuti seguiti dai cappellani. Il tempo della pena trascorso dietro le sbarre può essere l’occasione per riscoprire le domande di senso che da sempre interrogano l’uomo quando è obbligato a rientrare in sé stesso, è ferito da una colpa, da un lutto, da un distacco dagli affetti. Capita che la perdita “forzata” della libertà per un reato commesso aiuti a riscoprire il senso religioso, il seme della fede ricevuto in dono da bambini, un germoglio che poi la gramigna e i rovi della vita hanno soffocato. Ma, come insegna la parabola del figliol prodigo, c’è sempre tempo per ritornare sui propri passi, per voltare pagina, per chiedere perdono: c’è un Padre che ci aspetta sempre per fare festa per il figlio o la figlia perduti e ritrovati.

Così accade nel penitenziario torinese “Lorusso e Cutugno”, come racconta fr. Silvio Grosso che, con i confratelli della Fraternità San Giovanni Battista dei Monaci Apostolici diocesani, fr. Guido Bolgiani Cambiano e fr. Jean Marcel Tefnin condivide la cappellania carceraria insieme al diacono Michele Burzio. I tre religiosi, a cui è affidata la cura pastorale della chiesa di Santa Giovanna Francesca di Chantal, dal 2016 proseguono dietro le sbarre il servizio pastorale che la Fraternità, esperienza di vita religiosa cittadina nata a Torino alla metà degli anni Novanta, offre alle comunità parrocchiali della diocesi.

E nella mattinata di sabato 22 aprile, nella cappella del penitenziario sono stati celebrati due battesimi - “i primi da quando siamo cappellani e una cresima di tre giovani detenuti di origine africana che hanno iniziato il cammino di catecumenato un anno e mezzo fa”, precisa il cappellano. La celebrazione, a cui erano presenti, commossi, i compagni reclusi che solitamente partecipano alla Messa ogni domenica, è stata animata dagli scout “un servizio di animazione delle Messe festive avviato nel 2021 su proposta del gruppo Agesci Torino 24 che fa capo all’oratorio Salesiano della Crocetta - dove nella parrocchia è anche attivo un gruppo di volontari carcerari - e che nel tempo ha coinvolto giovani scout di altri gruppi”. I ristretti che percorrono le tappe dell’iniziazione cristiana - altri quattro verranno cresimati sabato 10 giugno e due hanno chiesto di iniziare il catecumenato - sono seguiti in incontri settimanali da quattro catechisti, di cui due della parrocchia della Crocetta: Paola Gaffuri, Benedetta Peyron, Giuseppe Bordello e suor Rose Wangui, cottolenghina.

“La domenica di Pasqua”, prosegue fr. Grosso, “abbiamo celebrato il battesimo nella chiesa di S. Giovanna Francesca di Chantal di un terzo catecumeno che sta scontando la pena in regime di semilibertà e che ha condiviso il percorso di catechesi con i compagni battezzati in carcere: è stato un momento forte per tutta la nostra comunità cristiana che ha accolto questo fratello nella famiglia della diocesi”.

Come per i battesimi in carcere, i ristretti hanno scelto come madrine le loro catechiste. Per i cresimandi, spesso vengono scelti i compagni di sezione “per il legame affettivo che si crea nella condivisione di un cammino di fede, di ricerca di senso in un ambiente che, come quello del carcere scandito da una di rigida routine e di giornate tutte uguali spesso appiattisce ed opprime”, rileva fr. Silvio. Per questo nell’Eucarestia settimanale nel silenzio della preghiera, nell’ascolto delle Scritture i detenuti ritrovano l’eco di una Parola ascoltata da bambini e che ora li interpella”.

Molte persone in carcere riprendono o iniziano a leggere la Bibbia e “per molti di loro il confronto con la Parola diventa un cammino di revisione personale e di condivisione del proprio rapporto con Dio anche nel confronto con i compagni islamici, ortodossi, evangelici…”. Anche in carcere - che grazie ai tanti volontari e catechisti è come una parrocchia della diocesi - il Vangelo è Parola di salvezza e ancor più che “fuori” conclude il cappellano: “è Parola di misericordia, denuncia, provocazione e profezia delle tante criticità che affliggono il sistema carcerario e contraddicono le intenzioni di offrire un sostegno ad un percorso di riscatto sancito dalla Costituzione ma ancora di più, dal senso di umanità e fraternità che ci lega gli uni agli altri e che deve suscitare in tutti noi un senso di preoccupazione e responsabilità per il destino di quanti compiono un reato e di quanti lo subiscono”.