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di Massimo Massenzio

Corriere Torino, 16 marzo 2023

Cesare Burdese, architetto torinese impegnato dal 1986 su temi di edilizia penitenziaria, è stato l’autore del progetto di riorganizzazione del Ferrante Aporti nel 2001 e ha fatto parte della commissione ministeriale che ha dettato le linee guida per la progettazione della prossima riqualificazione dell’intero complesso dell’istituto penale minorile e degli uffici giudiziari. Un intervento finanziato grazie al fondo nazionale complementare al Pnrr che costerà oltre 25 milioni di euro.

In un momento in cui si parla di misure alternative alla detenzione non le sembra che investire una somma del genere su una sola struttura sia una contraddizione?

“Non ho titolo e non voglio discutere le scelte ministeriali riguardo alle destinazioni e agli importi degli investimenti. È evidente, però, che alcune parti del complesso, e in particolare la sezione detentiva di origine ottocentesca e quella risalente al ventennio fascista, sono state costruite in epoche in cui dominava il principio dell’afflittività della pena. Forse una riflessione più approfondita avrebbe potuto portare a investimenti edilizi alternativi, come le strutture di comunità”.

Le linee guida vanno verso un’umanizzazione del Ferrante Aporti. È così?

“Sì, perché configurano spazi dove c’è maggiore attenzione ai problemi psicologici e relazionali dei giovani detenuti, ma anche degli operatori e dei visitatori occasionali. I luoghi non sono più concepiti esclusivamente come celle o stanze delimitate da un perimetro ed è stata configurata la possibilità per i ragazzi di trascorrere la giornata impegnati in attività e in ambienti diversi”.

Le opere dovranno intervenire proprio sulla qualità degli ambienti, sulla “connessione” con l’esterno e dovranno essere completate entro il 2026. È ancora possibile?

“Rispettare la scadenza è pura fantasia. Per il resto sono state tracciate soluzioni che puntano a migliorare la qualità dell’ambiente prendendo in considerazione diversi elementi. Dalla luce al colore, passando per il verde, il rumore e gli spazi per la socialità. Un edificio carcerario contemporaneo deve essere luogo di relazioni, non una fortezza arroccata e circondata da muri. Le previsioni progettuali puntano proprio a mettere in relazione il “dentro” con il “fuori” anche attraverso “aperture” che non compromettono in alcun modo la sicurezza del carcere, ma che invece offrono al quartiere spazi utilizzabili dai cittadini. Ovviamente nelle parti non detentive ma riservate agli uffici pubblici”.

Ristrutturare il Ferrante Aporti sarà un’impresa difficile?

“Ci sono alcune criticità che impongono scelte obbligate. Però l’intervento permetterà di raggiungere gli obiettivi di efficientamento energetico e un necessario adeguamento normativo della struttura. Nella parte ottocentesca, oggi inutilizzata, ci saranno le sezioni per detenuti semiliberi, a sicurezza attenuata e spazi per gli incontri familiari. Inoltre verrà rivisto l’edificio del Centro di prima accoglienza. Staremo a vedere come i progettisti recepiranno queste indicazioni”.