di Massimo Massenzio
Corriere di Torino, 5 agosto 2024
“Dobbiamo spostare l’obiettivo dei ragazzi, da banda a squadra”. Lo ha ripetuto spesso negli ultimi mesi Giuseppe Carro, il nuovo, attesissimo, direttore del Ferrante Aporti. Con questo obiettivo ha impostato un lavoro che, dopo la rivolta di giovedì sera, rischia di essere sepolto sotto le macerie lasciate dalla rabbia dei giovani detenuti. Domenica mattina ci sono stati altri due trasferimenti e non saranno gli ultimi. In attesa che le indagini facciano piena luce su tutte le responsabilità della sommossa.
“Negli ultimi mesi ho visitato molte volte l’istituto, che dopo molti anni vede finalmente una figura stabile alla direzione - racconta Monica Gallo, garante comunale delle persone private della libertà, che si augura che tutti i progetti portati avanti finora non vadano perduti -. Giuseppe Carro, che da ottobre guida l’Ipm, è un giovane direttore dallo sguardo nuovo e mite. Proprio con l’obiettivo di creare una “squadra” ha organizzato alcune significative attività come il torneo di calcio in memoria di Don Mecu”. Partite di calcio, vere, di quelle da giocare fino all’ultimo minuto. I giovani del “Ferrante”, opposti alla squadra dei magistrati, degli avvocati e dei Salesiani. “Il direttore conosce i ragazzi, li chiama per nome e li saluta con il gesto informale del pugno contro pugno - continua la garante -. Non come alternativa alla stretta di mano e neppure per una questione igienica, ma forse per solidarietà”. Anche per questo la devastazione dell’Ipm sembra inspiegabile.
Bisogna però tenere conto che nei primi 6 mesi del 2024 il Ferrante Aporti ha accolto circa 100 giovani detenuti, un dato in fortissima crescita rispetto a tutto il 2023 quando i nuovi ingressi sono stati 161. “La maggior parte dei ragazzi provengono dalla libertà e sono minori stranieri non accompagnati, con un’esperienza migratoria segnata dalla separazione dal nucleo familiare e da aspetti che si “stratificano” - analizza Gallo. Come ansia, depressione, traumi e scarso supporto nella fase di arrivo, accoglienza e accompagnamento. Ogni minore ha una storia “buia” e “sconfinata” ed entrare nella loro vita è faticoso”.
Eppure fra quei giovani difficili e ribelli, in 12 hanno conseguito egregiamente la licenza media, 7 minorenni e 5 giovani adulti e 9 ragazzi hanno conseguito le certificazioni di competenze professionali. Ottimi risultati, ma alcuni restano in carcere solo perché la disponibilità nelle comunità esterne è sempre più ridotta: “La scorsa settimana, ad esempio, un giovane ha attraversato l’Italia per raggiungere al sud l’unica comunità disponibile su tutto il territorio nazionale - conclude Gallo -. Un altro viaggio per lui, costato più di cinquemila euro e un’estenuate ricerca da parte del personale dell’Ipm per la nuova destinazione. Indubbiamente più fortunato dei sei giovani adulti che, da gennaio a giugno, sono transitati dal Minorile al Lorusso Cutugno. E allora forse torna utile ricordare le parole di Luigi Settembrini. “O voi che fate le leggi, e che giudicate gli uomini, rispondetemi e dite: prima che costoro fossero caduti nel delitto, che avete fatto voi per essi? Avete voi educata la loro fanciullezza, e consigliata la loro gioventù? Avete sollevata la loro miseria?”. Nella speranza che l’interrogativo diventi punto di ripartenza”.