sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Simona Lorenzetti

Corriere di Torino, 8 febbraio 2023

A volte il destino ti sorprende con una gentilezza. È successo durante la registrazione di “Pelle tosta”, il videoclip che il rapper Kento ha realizzato lo scorso autunno con i detenuti della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno e che sarà presentato dall’artista domani al Circolo dei lettori, assieme al libro Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile. “Stavamo registrando le tracce soliste”, racconta Kento. “Un detenuto era di fronte al microfono quando sono venuti a comunicargli la scarcerazione. Prima ha voluto finire la sua parte. Nel video c’è la scena di lui che esce e viene abbracciato dalla madre”.

Da quanti anni insegna rap nelle carceri?

“Una dozzina. Di solito tengo i laboratori nelle carceri minorili, alle Vallette è stata la mia prima esperienza con adulti, un progetto del Circolo dei lettori. Siamo stati insieme una settimana, abbiamo scritto una canzone e girato il video. Un mese dopo ero di nuovo a Torino, al Ferrante Aporti. Anche lì sta nascendo qualcosa di bello, un piccolo documentario. D’altronde a Torino il genius loci del rap è forte. È stata la prima capitale del genere”.

Bisogna “insegnare” il rap ai detenuti?

“No, lo conoscono tutti bene. Ma ognuno lo lega al suo vissuto. Una volta un ragazzo mi ha detto di amare la “old school” e mi ha citato Eminem. Che non è “vecchia scuola”, però il suo film 8 Mile è uscito nel 2002, quando il ragazzo non era ancora nato. Ci sta”.

Che storie raccontano i giovani detenuti?

“Ci sono tutti i temi del rap, anche i più stereotipati: soldi, donne, gangsta. Ma quasi sempre il detenuto che ha l’aria più “criminale” di nascosto poi mi chiede di scrivere una canzone per la fidanzata”.

Cosa prova quando esce dall’altra parte delle “barre”?

“Un sospiro di sollievo. Il carcere è un posto brutto, è fatto per esserlo, non è un hotel a cinque stelle. Poi mi prende il magone. Quando incontro i ragazzi, dico loro: il vostro corpo è chiuso, ma la vostra mente? Cosa fate per liberarla? Quando esco mi chiedo: e noi, che ci riteniamo liberi, cosa facciamo?”.

C’è un momento particolare in cui ha visto la mente dei suoi allievi liberarsi e volare via?

“A Cagliari nel 2021 cancellarono un laboratorio perché un ragazzo era morto all’improvviso. Dopo una settimana mi richiamano: gli altri detenuti volevano farlo a tutti i costi, per scrivere una canzone per il compagno morto. Nella prima strofa gli parlano, nella seconda lui risponde. Si intitola Ballata per Alessandro, adesso il testo è scritto sul muro esterno del carcere”.