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di Carlotta Rocci

La Repubblica, 11 agosto 2023

“Ho dovuto scegliere se avere paura di morire di fame o di morire soffocato”. Sono le parole di un detenuto di 64 anni, che sta scontando la pena inflittagli dal tribunale di Milano, nel carcere di Torino dove è stato trasferito per i suoi problemi di salute dal carcere di Alessandria. “La mia pena è un calvario” racconta nelle venti pagine memoria affidate al suo legale e inviate alla procura di Torino, all’Ordine dei medici e al ministero di Grazia e Giustizia denunciando i medici del carcere.

Il detenuto è affetto da anoressia psicogena che gli causa un importante deperimento organico ed è sottoposto a nutrizione parentale, con una pompa infusionale che porta i nutrienti direttamente nello stomaco. La sua legale ha più volte chiesto per lui i domiciliari come pena alternativa al carcere considerato, “non compatibile con il suo stato di salute”. L’udienza è fissata a fine settembre. “Ad Alessandria venivo lasciato senza assistenza e senza campanello quando la pompa era in funzione, così una volta ho rischiato di soffocare”, denuncia.

Il suo caso era stato sottoposto anche all’attenzione del garante dei detenuti e il 17 maggio il paziente è stato ricoverato alle Molinette per un intervento alla colecisti. Il 26 giugno è stato dimesso e mandato al Sai delle Vallette, il servizio medico integrato, dopo che anche i medici del carcere di Alessandria avevano scritto in una relazione che un trasferimento a Torino sarebbe stato più indicato. All’uscita dalle Molinette pesava 59 chili, i suoi valori - si legge sulla cartella clinica - erano bassissimi.

“Al Sai non mi hanno sostituito il sondino per 30 giorni, le linee guida dicono che per evitare infezioni va sostituito ogni 15”, denuncia il detenuto che nella sua memoria denuncia anche la perdita di una parte della documentazione medica trasferita dal carcere di Alessandria e alcune discrepanze tra quanto riportato da medici interni al carcere rispetto agli esami fatti in ospedale. Dal carcere raccontano come il personale medico fosse molto preoccupato dalle sue condizioni riservandogli tutte le attenzioni necessarie.

E anche della sua resistenza alle cure, una circostanza che lui nega. “Eppure le mie condizioni sono peggiorate, nei 19 giorni di detenzione al Sai, dopo le dimissioni dalle Molinette, ho perso altri tre chili - dice - la cattiva gestione del mio caso mi ha costretto a passare dall’alimentazione enterale, meno invasiva, a quella parentale. Così la mia qualità di vita è peggiorata.

Qui in carcere non sono possibili le cure di cui avrei bisogno. L’infermeria non può darmi i controlli continui di cui ho bisogno. L’infermeria chiude alle 19.30 e di notte rimane chiusa senza la possibilità di effettuare altre terapie”. Soltanto l’alimentazione con il sondino richiede 18 ore durante il giorno e non è possibile in quel periodo sottoporre il paziente ad altre terapie. L’ordine dei medici ha avviato verifiche sul caso.