di Maria Di Poppa
giornalelavoce.it, 12 marzo 2024
Ospite del Rotary Club di Chivasso, Elena Lombardi Vallauri ha fornito uno spaccato toccante della realtà di cui è alla guida da maggio. Una serata all’insegna dei diritti, quella organizzata giovedì dal Rotary Club di Chivasso, con un tre ospiti davvero eccezionali. Al termine della cena che si è tenuta presso il ristorante Dei Cacciatori, in frazione Rolandini a Verolengo, sono state invitate a parlare la direttrice della Casa Circondariale di Torino “Lorusso e Cutugno”, Elena Lombardi Vallauri, la garante dei detenuti, Monica Valle, e l’avvocata Benedetta Perego.
La dottoressa Vallauri ha aperto una vera e propria finestra su un luogo che spesso appare distante, staccato dal resto del mondo. “E invece è un luogo fatto di persone - ha sottolineato fin dalle prime battute la direttrice del carcere -. Per noi è fondamentale sentirci parte della comunità e non un mondo a parte. La vostra attenzione ci dà la voglia di impegnarci, sentendoci utili alla comunità”.
In un discorso molto toccante la direttrice ha spiegato: “Il carcere non sono i muri, ma le persone che ci lavorano. Spesso si focalizza l’attenzione sui detenuti, ma quello che fa la qualità o meno, solo le persone che nel carcere lavorano e quelle che entrano per portare il loro aiuto istituzionale. Un aiuto che dovrebbe funzionare molto meglio. Il mandato costituzionale relativo alla finalità del carcere è generoso. È un mandato di accoglienza e speranza, emozionante. Ma è chiaro che le cose non vanno come dovrebbero”. Fondamentale per la direttrice, la qualità dei dipendenti: “Bisogna aiutare chi lavora in carcere a migliorarsi, aggiornarsi”.
Quel che succede nel carcere spesso tira fuori le emozioni più istintive delle persone: “Gli stessi che si dicono disposti a gettare la chiava davanti a determinati fatti, sono gli stessi che poi vorrebbero salvare il detenuto maltrattato per toglierlo da un’ingiustizia. Contrarietà di emozioni che danno la cifra della complessità di questo istituto e del fatto che ci sia davvero poca consapevolezza, poca conoscenza nei rapporti con i reati. Per questo è importante spiegare quello che accade, con quali strumenti si cerca di assolvere il mandato costituzionale che mira alla rieducazione”.
Nel carcere di Torino entrano ogni giorno almeno 350 visitatori: insegnanti, medici, volontari, infermieri, avvocati. “E non ho contato i familiari in visita - precisa la direttrice -. Tutta una parte di città che viene a fare il suo lavoro all’interno dell’Istituto”. Gli istituti si dividono in case circondariali, pensate per chi è ancora in attesa di giudizio o con condanne fino ai 5 anni, e case di reclusione per condanne definitive superiori ai 5 anni: “Per i detenuti la fase del processo è molto ansiogena, disturbante. Quando arriva la sentenza, per brutto che sia il momento è l’inizio di un momento di pace. È più difficile lavorare e accompagnare le persone ancora in attesa di giudizio”.
Quella di Torino è una casa circondariale, destinata in teoria ad ospitare persone in attesa di giudizio o con condanne fino ai 5 anni: “Nei fatti è un luogo che contiene di tutto. Negli anni si sono creati servizi, circuiti detentivi”.
La casa circondariale Lorusso Cutugno ospita tra i 1400 e i 1500 detenuti che nel corso dell’anno significano circa 3mila persone. “Il carcere è molto sovraffollato in tutte le sue parti. E questo è uno degli obbiettivi che mi sono data, ridurre questi numeri”. Alla serata hanno preso parte anche l’assessora della Città di Torino, Gianna Pentenero e il sindaco di Chivasso, Claudio Castello.