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di Massimo Massenzio

Corriere di Torino, 23 novembre 2022

La direttrice: “Nessuna spesa grazie alle associazioni”. “Siamo un po’ tutti in un acquario in fondo! E non ce ne accorgiamo”. Parla di libertà, di sogni e diritti lo spettacolo messo in scena dai giovani detenuti del Ferrante Aporti. Ieri è stata inaugurata, in maniera sobria dopo i disordini delle scorse settimane, la nuova sala teatrale creata in un spazio inutilizzato grazie al progetto Wall Coming. “Non è stato impiegato un solo euro di risorse amministrative - precisa la dirigente dell’istituto Simona Vernaglione - hanno fatto tutte le associazioni che operano all’interno della struttura intercettando sovvenzioni che ci hanno permesso di creare uno spazio fruibile anche ai cittadini”. Le sedie sono quelle dismesse dall’aeroporto di Caselle, mancano le quinte, il paco e le tende ignifughe. Ma l’idea di fondo è aprire le porte del penitenziario minorile con una sala che possa poi diventare anche “teatro di quartiere”, ma anche la “pizzeria del Ferrante”.

I primi spettacoli sono in programma a dicembre: “Abbiamo voluto coinvolgere i ragazzi nell’allestimento e nella produzione per farli sentire partecipi del progetto - spiega Pasquale Ippolito di Inforcoop Lega Piemonte-. Non è facile perché la permanenza dei ragazzi non è lunghissima, al massimo 3 mesi, ma siamo riusciti a produrre un video, “Game Over”, che racconta pezzi di queste giovani vite”.

L’obiettivo è fornire una speranza ai 36 giovanissimi detenuti: “Offriamo loro uno sguardo su una possibile alternativa - continua Vernaglione. Non una seconda chance perché la maggior parte non ha avuto neppure la prima. Siamo emozionati, perché il Ferrante non è abitato solo da ragazzi che bruciano materassi e vederli tranquilli, attenti e silenziosi è stata una grande soddisfazione”.

Nei giorni scorsi all’interno del carcere minorile ci sono state tensioni, celle distrutte e agenti feriti: ““In realtà i giovani coinvolti erano 3 o 4 e sono stati allontanati. Si tratta di soggetti già responsabili di reati violenti, che hanno fatto, fuori di qui, uso di droghe o psicofarmaci, molto difficili da gestire in un luogo chiuso. Il fenomeno delle bande giovanili non può essere affrontato solo con la repressione e sarebbe interessante ragionarne insieme con tutti gli organi istituzionali che se occupano. Le chiamiamo fluide, perché non riusciamo ancora a capirle. Ma restare impreparati sarebbe un errore”.