sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alice Bertino e Marina Lomunno

La Voce e il Tempo, 26 aprile 2024

Giovedì 18 aprile, ad un mese dall’appello del Presidente Mattarella per fermare l’emergenza dei suicidi nelle carceri italiane (ad oggi 31 tra cui 3 agenti penitenziari), la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale ha promosso un momento di riflessione nazionale sulle morti dietro le sbarre. A Torino la garante del Comune Monica Cristina Gallo e la garante di Alessandria Alice Bonivardo hanno promosso una manifestazione in un luogo simbolo delle sofferenze delle patrie galere, il Museo del carcere “Le Nuove”, nella sala intitolata a suor Giuseppina De Muro che fu accanto ai prigionieri nel periodo dell’occupazione nazista.

Numerose le associazioni e le realtà culturali (tra cui il nostro giornale, la Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, l’Associazione Antigone) che hanno aderito al “grido dei Garanti” per chiedere al ministero della Giustizia, all’amministrazione penitenziaria e ai membri di Camera e Senato interventi urgenti per porre fine allo “stillicidio dei suicidi “, come ha chiesto il Presidente della Repubblica.

L’incontro è iniziato con la lettura dei nomi delle persone scomparse, definiti “morti di carcere” (70 suicidi nel 2023), deceduti non per malattia ma per le condizioni disumane e deplorevoli in cui scontano la pena, come hanno introdotto le garanti. “Il sovraffollamento sta raggiungendo gli stessi livelli per cui la Corte europea aveva già sanzionato l’Italia”, ha detto Monica Cristina Gallo, “l’unica soluzione adottata è ‘spostare i corpi’ da un carcere all’altro, non ottenendo alcun risultato. I provvedimenti sulla carta vengono decisi da chi non entra in carcere e non percepisce il vero malessere dei detenuti.

Dobbiamo contrastare questo immobilismo politico”. Secondo l’ultimo Rapporto dell’Associazione Antigone i penitenziari italiani ospitano 10 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare, il personale scarseggia e di conseguenza la vita scorre lenta, quasi interamente all’interno delle celle. Giornate vuote, una uguale all’altra “perché mancano le risorse per riempirle di contenuti” e i ristretti non hanno la possibilità di accedere ad attività formative o lavorative come prevede l’articolo 27 della nostra Costituzione che raccomanda che “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. E così il carcere diventa un luogo sempre più lontano dalla società. “È necessario che i reclusi non si sentano isolati: occorre garantire il diritto all’affettività mantenendo il sistema di telefonate giornaliere e i contatti con le famiglie tramite le visite”, ha proseguito Monica Cristina Gallo.

Proprio per rispondere all’appello del Presidente Mattarella, che ha richiesto interventi immediati per fermare i suicidi, il 18 di ogni mese verrà promosso a Torino un momento di riflessione sulle drammatiche condizioni dietro le sbarre, finché non ci saranno cambiamenti concreti e significativi. La presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino Simona Grabbi ha annunciato che il Consiglio dell’Ordine promuoverà il 23 maggio prossimo una tavola rotonda con le istituzioni per denunciare le condizioni inaccettabili della Casa Circondariale di Torino dove il sovraffollamento è elevato: 1.550 detenuti in un Istituto con una capienza per 1.100 persone, con soli 16 educatori ed una mediatrice culturale.

“Anche un solo suicidio non è degno di un Paese civile se dovuto alle condizioni della detenzione che oltretutto sono state ritenute dalla Corte Suprema disumane”, ha aggiunto Grabbi avvertendo che i fondi straordinari stanziati dal Ministero delle Infrastrutture non sono sufficienti: la soluzione non è costruire nuove galere: servono educatori, mediatori culturali, attività e prospettive lavorative per accompagnare i reclusi al reinserimento sociale. Il tempo della detenzione come può essere occasione di recupero se non ci sono i mezzi per offrire ai reclusi questo percorso? Emilia Rossi, del Collegio nazionale dei Garanti, sostiene che l’urgenza del carcere è l’assenza della società civile: occorre guardare la realtà “da dentro”.

Invece carcere e società non dialogano, non si conoscono. Nel rapporto dei Garanti del 2022 le morti per suicidio erano 85. Oltre a qualche caso in cui il decesso è avvenuto pochi giorni o settimane dopo l’ingresso negli istituti, la maggior parte delle morti è stata registrata poco prima della fine della pena, ad un passo dalla libertà. “Le persone che entrano in carcere sentono di essere finite in un buco nero da cui non possono liberarsi e lo stigma sociale rimane anche dopo la loro uscita”, ha proseguito Emilia Rossi, “bisogna dare un senso al tempo che i detenuti trascorrono ‘dentro’ e devono essere garantiti il riscatto e il reinserimento.

Invece il clima che si respira è irrigidire i rapporti tra i detenuti e polizia penitenziaria, ma così si inaspriscono gli animi: occorre intervenire, anche attraverso decreti legge”. Concorda il giudice Andrea Natale: ad oggi le carceri sono l’unico stabilimento in cui non si fa rispettare il limite di capienza ed il sovraffollamento è un’esecuzione della pena contraria e degradante nei confronti dell’umanità.

È impensabile parlare di un carcere diverso in un carcere in cui ancora si muore. Tra i presenti alle “Nuove” anche il francescano Beppe Giunti, volontario con i collaboratori di giustizia nelle carceri di Torino e Alessandria: “C’è un assoluto bisogno di parlare di carcere nelle scuole, sui giornali, tra i cittadini: il problema è che città e detenuti non si parlano. Non devono dialogare solo gli ‘addetti ai lavori’: il degrado dei nostri penitenziari deve essere diffuso nell’opinione pubblica. Perché chi si uccide in carcere, si uccide perché è in carcere. E la responsabilità è del contesto in cui avvengono questi fatti”.

Sull’importanza che i mass media informino correttamente sulle condizioni inaccettabili delle nostre galere è intervenuta Maria Teresa Martinengo in rappresentanza dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte assicurando l’impegno dei colleghi: “Il nostro Ordine è a fianco dei Garanti: il degrado degli istituti penitenziari ha molte responsabilità, anche da parte del mondo dell’informazione”.