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di Carlotta Rocci

La Repubblica, 16 ottobre 2024

Il Magistrato di Sorveglianza ha rigettato il ricorso di un detenuto che protestava per le condizioni disumane. Negli ultimi quindici anni è entrato e uscito dal carcere di Torino almeno una quindicina di volte. Celle piccole, con almeno due ma a volte anche quattro compagni di stanza, “condizioni inumane”, per l’uomo, 42 anni, che - assistito dall’avvocato Alessandro La Macchia - ha presentato un ricorso al tribunale di sorveglianza chiedendo una “riduzione della pena detentiva” per le condizioni in cui è stato detenuto. Nell’interpretazione della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo sono da considerarsi “inumane” le situazioni che rendono la pena “non solo particolarmente difficoltosa ma totalmente squalificante della dignità umana”.

Contano i metri quadrati a disposizione, almeno 3 per ogni detenuto presente nella cella, ma anche “la possibilità di usare i servizi igienici in modo riservato” e “il rispetto dei generali requisiti igienico-sanitari”.

Durante l’esame del ricorso presentato dal detenuto, l’amministrazione penitenziaria si è difesa depositando una relazione per contestare l’accusa. Le celle non hanno le docce, che sono soltanto nelle aree comuni, ma hanno un lavandino e un rubinetto che eroga soltanto acqua fredda. Ma - spiega il Dap elencando una serie di fattori compensativi che renderebbero la detenzione meno afflittiva e le condizioni più dignitose - ai detenuti è data a possibilità di chiedere “la concessione di un secchio” per raccogliere, durante il proprio turno di doccia, l’acqua calda da trasportare nella propria cella e usarla per lavarsi durante la giornata.

Il magistrato di sorveglianza ha rigettato il ricorso del detenuto dopo aver analizzato i metri quadri a sua disposizione durante ogni periodo di detenzione. Per 17 giorni, dal 7 dicembre 2016 al 23 dello stesso mese, aveva vissuto con una superficie calpestabile di 2,72 metri quadri a disposizione. Con il suo compagno di cella era costretto a fare i turni per sgranchirsi le gambe mentre l’altro restava seduto o sul letto. Nel 2022 quando i giorni di detenzione erano stati 115 tra ottobre e dicembre in cella sono sempre stati quattro o cinque per un totale di 2,81 metri quadri si superficie calpestabile per carcerato ma l’uomo aveva avuto diritto al “regime aperto” che gli consentiva di trascorrere fuori dalla cella fino a 12 ore e 30 minuti. “L’utilizzo della stanza detentiva per le sole ore notturne. rende possibile ritenere che la limitata fruizione di spazio personale abbia minore rilevanza e non leda la dignità”, spiega il giudice motivando il rigetto.

Il legale, su richiesta del suo assistito, ha impugnato l’ordinanza del magistrato di sorveglianza: tra le altre cose si contesta il fatto che le ore trascorse fuori dalla cella non fossero 12 ma molte meno perché le celle restano chiuse durante la consegna del vitto e le ore concesse all’aperto sono poco meno di quattro. In questo tempo sarebbe permessa anche la doccia dove, però, mancherebbe spesso l’acqua calda.