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di Emanuele Carrè

La Voce e il Tempo, 28 giugno 2024

Nonostante la giornata grigia e piovosa, una luce, quella del sorriso di bambini e bambine felici di poter incontrare i propri papà, ha illuminato il teatro della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” lo scorso 20 giugno. Una mattina di “evasione”, un paio d’ore di gioco insieme ai propri figli e alle mogli e compagne, è quella che hanno potuto vivere una dozzina di papà detenuti nel teatro del carcere. L’incontro, nell’ambito del progetto nazionale “Bambini Senza Sbarre” (nel 2023 ha coinvolto 79 istituti, 4250 bambini, 2050 detenuti e le loro famiglie) e di quello promosso dal penitenziario torinese “Un Passo Avanti”, è stato reso possibile dalle educatrici della cooperativa “Il Margine” che seguono da tre anni alcuni padri detenuti e alcune donne dell’Istituto a custodia attenuata per madri.

Incontri come questo, seppur brevi, hanno un’importanza fondamentale per le famiglie: proviamo per un attimo a ricordare cosa abbiamo provato da bambini la prima volta che siamo rimasti per qualche giorno senza genitori o da genitori quando siamo rimasti lontani dai nostri figli. I bambini e le bambine con un papà recluso possono giocare e disegnare con lui solamente una volta al mese e in occasioni come questa. Momenti che valgono una vita per mantenere viva la relazione genitoriale. “Sono entrato in questo progetto due anni fa” ci ha spiegato un detenuto 33enne con due figlie “e lo trovo molto bello ed utile per le mie bambine, che possono giocare e divertirsi qualche volta con me e passare alcune feste come il Natale sia con la mamma sia col papà, ma anche per me: sono una persona molto chiusa, ma con le educatrici sono riuscito a parlare di molte cose, come le difficoltà famigliari.

Sono troppo contento di poter vivere momenti come questo, anche solo due ore valgono tantissimo. Ho ancora molti anni da scontare, ma queste occasioni mi danno speranza, sembra quasi di essere tornati alla normalità, quando le portavo a giocare al parco”. “Sicuramente”, ci confida un altro ristretto, 34 anni, padre di un bambino e due bambine “è un’opportunità in più per mantenere i rapporti famigliari, stare di più coi figli e pensare a cosa è veramente importante: i miei bambini e la libertà. Cose che spesso vengono date per scontate. Momenti simili sono diversi dai normali colloqui, sono più piacevoli, meno ‘carcerati’. Ce ne vorrebbero di più per noi famigliari e per far sentire meno la distanza ai nostri figli”.

Obiettivo di questo progetto sulla genitorialità è sostenere i rapporti padre-figlio e la famiglia. “Con i detenuti coinvolti nel progetto proponiamo cicli di appuntamenti settimanali di gruppo e, una volta al mese, incontri più intimi dei normali colloqui in cui papà e bambini possono stare da soli a giocare e disegnare, sotto la supervisione di un educatore” spiega Letizia Forlani della cooperativa “Il Margine”.

“Lavoriamo anche sulle famiglie che hanno un genitore ‘dentro’ perché la vita va avanti, i figli crescono; riflettiamo insieme sulla ‘verità’, perché riteniamo sia importante, anche se molto difficile rispondere alla domanda, ‘dov’è papà?’… Tutte iniziative possibili grazie alla collaborazione del personale carcerario e della polizia penitenziaria”.

Questi percorsi aiutano le famiglie, i bambini e i reclusi stessi, come spiega il funzionario giuridico e pedagogico Tommaso Picone: “se ad altri progetti i detenuti possono aderire per ‘fare bella figura’, a questo partecipano solo per lavorare su sé stessi, per migliorare il rapporto coi loro bambini, anche in momenti come questo di ‘piacevole evasione’. Non lo fanno per ottenere diplomi o qualifiche”.