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di Carlotta Rocci

La Repubblica, 16 maggio 2022

In corteo con i giovani dei collettivi per chiederne il rilascio: tre sono in cella, quattro agli arresti a casa. Un paio hanno ormai i capelli bianchi, hanno già manifestato davanti al carcere di Torino, in valle di Susa, e ieri, anche in piazza Castello.

Difendevano Dana Lauriola, militante di Askatasuna e del movimento No Tav, di recente libera dopo aver scontato due anni di reclusione, e poi il lungo elenco dei militanti a cui anni di indagini della digos di Torino e di inchieste della procura hanno inflitto misure cautelari più o meno restrittive. Si firmano “Mamme in piazza per la libertà del dissenso” e ieri hanno sfilato dietro ai ragazzi dei collettivi e del movimento studentesco nel corteo di solidarietà per i giovani colpiti da 11 misure cautelari dopo gli scontri davanti all’Unione Industriali del 18 febbraio scorso, l’ultimo corteo studentesco contro l’alternanza scuola lavoro del febbraio caldo delle scuole torinesi indetto dopo la manifestazione del 28 gennaio di piazza Albarello, finita negli scontri. Per tutti l’accusa è resistenza, tre sono finiti in carcere, quattro ai domiciliari.

I giovani sfilano e ripetono quello che avevano già detto il pomeriggio stesso degli arresti in una conferenza stampa davanti a liceo Gioberti. Le mamme chiudono il corteo di ieri sera, partito da piazza Solferino, fino a quando non arriva in una piazza Castello piena di turisti. A quel punto prendono la parola leggendo un comunicato. “Emiliano, Francesco, Jacopo, sono detenuti da giovedì in carcere - dicono - questo non significa che siano stati giudicati colpevoli, sono innocenti fino alla sentenza. Questa forma di punizione anticipata viene assegnata ad alcuni, qui a Torino, con una frequenza inspiegabile e intollerabile. Questi arresti fanno seguito a settimane di repressione delle piazze degli studenti. Noi diciamo basta. Noi madri siamo e saremo sempre qui”.

Parlano le mamme, e non perché i figli non siano maggiorenni o assistiti da un legale. Parlano le mamme che si sentono le madri di tutti i militanti finiti nei guai, un po’ - e con le giuste proporzioni - come le mamme del Leoncavallo, storico centro sociale milanese sgomberato negli anni 90. Parla Irene: “Io sono la mamma di Emiliano, ma quando sono entrata in questo gruppo anni fa, non l’ho fatto perché mio figlio avesse problemi con la giustizia, ma perché mi ritrovavo in quello che dicevano. Oggi parliamo per i nostri figli biologici e anche per gli altri”. Il figlio è in carcere accusato di aver colpito i carabinieri con almeno 50 colpi la mattina del 18 febbraio, è un esponente del centro sociale Askatasuna, nessuna condanna ma diversi precedenti di polizia - si legge nell’ordinanza della sua misura cautelare per i fatti di febbraio.

Il giovane era in piazza, con lo spezzone sociale anche il Primo maggio. La mamma lo dice: “ Io credo nella non violenza, mio figlio è cresciuto con i miei ideali e con quello che gli ho insegnato, non rinnego niente anche se so che questo potrebbe averlo dov’ è ora “. Nei filmati che la Digos ha consegnato in procura il figlio si vede mentre colpisce i carabinieri. “Non condanno lui e nemmeno gli altri ragazzi. A tutti loro è stata stravolta la vita, l’alternanza scuola - lavoro è un abominio “