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di Simona Lorenzetti

Corriere di Torino, 13 settembre 2024

Era il 3 agosto 2022 quando Alessandro Gaffoglio, 25 anni, venne arrestato per due rapine in altrettanti supermercati di San Salvario. Venne portato al carcere Lorusso e Cutugno e tredici giorni dopo si tolse la vita, soffocandosi con un sacchetto di plastica. Ora la morte di questo giovane, affetto da disturbi psichici, è al centro di un processo che ha come imputata una psichiatra in servizio in carcere. Il prossimo 24 settembre si aprirà l’udienza preliminare. La professionista (difesa dall’avvocato Gian Maria Nicastro) è accusata di omicidio colposo: per la Procura, la dottoressa non avrebbe seguito le linee guida e i protocolli che dettano le misure necessarie per la prevenzione dei suicidi in carcere.

Stando agli atti dell’inchiesta sarebbe stata la psichiatra a valutare il regime di sorveglianza del 25enne, stabilendo che fosse sufficiente il “lieve”. Non solo, la professionista non avrebbe integrato “gli antidepressivi prescritti” con altri farmaci specifici “così come indicato in letteratura per la prima fase di latenza del trattamento”.

Gaffoglio - è la valutazione degli esperti della Procura - avrebbe dovuto essere inserito in un programma di sorveglianza “media” e la terapia farmacologica avrebbe dovuto essere integrata. Da qui l’accusa di omicidio colposo rivolta alla psichiatra, che avrebbe agito con “negligenza” e “imperizia”. L’inchiesta era partita dopo un esposto dei genitori del ragazzo - assistiti dalle avvocatesse Laura Spadaro e Maria Rosaria Scicchitano -, che dopo il suicidio avevano scoperto che il figlio aveva già tentato di togliersi la vita ed era stato salvato. Un campanello d’allarme che per la famiglia sarebbe stato ignorato.