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di Mauro Gentile

La Voce e il Tempo, 28 giugno 2024

Togliersi la vita in carcere, una tragedia che negli ultimi tempi si ripete con sempre maggiore frequenza tant’è che, solo nei primi sei mesi dell’anno in corso, è già salito a 45 il numero dei suicidi tra i detenuti. Tanti casi, troppi ricordando anche che proprio l’essere reclusi, quindi sotto la custodia e la responsabilità dello Stato, avrebbe dovuto garantire loro una maggiore tutela. 45 persone che, come previsto dalla legge e per averla infranta, stavano scontando una pena a causa dei propri errori ma, secondo quanto indicato esplicitamente dall’articolo 27 della Costituzione italiana, questa avrebbe dovuto essere finalizzata alla “rieducazione” per prepararle al reinserimento nella società dei liberi.

E invece, per quelle persone, la pena in mesi e anni si è trasformata in una condanna a morte, certamente autoinflitta ma comunque non accettabile. Perché? Quali sono le cause di un così alto numero di suicidi? Come e cosa fare per fermare il ripetersi di queste tragedie umane nei luoghi di detenzione? È un tema che compare di frequente nelle nostre colonne e se n’è parlato martedì scorso in occasione dell’incontro “Non c’è più tempo, indignarsi non basta più”, a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte (nella foto), organizzato dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Piemonte, Bruno Mellano, e a cui hanno preso parte l’avvocato Roberto Capra, presidente della Camera penale del Piemonte occidentale, l’avvocato Davide Mosso dell’Osservatorio nazionale carcere dell’Unione camere penali e Nathalie Pisano, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Novara, città nel cui carcere, in ordine di tempo, si è verificato l’ultimo suicidio, un 19enne a tre mesi dal fine pena.

“I suicidi” ha introdotto Mellano “non sono altro che lo specchio più evidente di una situazione che vede oggi le carceri italiane al collasso”. Sovraffollamento, problemi strutturali degli istituti di pena, carenza di personale nelle diverse professionalità, dagli agenti agli educatori e altre figure ancora, sono tra le criticità del sistema penitenziario italiano e in parte anche concausa di tragiche conseguenze.

“L’88/% dei suicidi” ha ricordato Mellano “sono avvenuti nelle sezioni cosiddette chiuse, cioè quelle in cui si applicano particolari restrizioni e limitazioni alle attività che favoriscono le relazioni sociali e in quelle riservate al trattamento sanitario. Mentre proprio le attività culturali, scolastiche o legate alla formazione professionale e al lavoro sono da considerare strumenti importanti per contrastare fenomeni come il suicidio e la recidiva, rendendo peraltro utile il tempo della detenzione”.

Ma quando mancano gli spazi e il personale risulta molto difficile assicurarli. Che fare allora? Forse pensare a provvedimenti clemenziali, come amnistia e indulto, per alleggerire la pressione nelle carceri o, come indicato dal garante Mellano, “in attesa di riforme di sistema, servirebbe immediatamente qualche provvedimento urgente che permetta di dare concretezza all’esecuzione penale esterna per chi sia a fine pena o abbia una condanna da scontare inferiore a un anno, garantendo percorsi di presa in carico fra il dentro e il fuori”.

Accanto ai problemi strutturali, nel corso dell’incontro sono stati ricordati anche quelli legati a un modello di detenzione che Roberto Capra ha definito “antico, in cui il profilo della punizione è ancora predominante e prevalente su quello risocializzativo, che secondo la nostra Carta costituzionale dovrebbe avere un ruolo determinante. Se non cambiamo questo approccio, se non mutiamo il modo di vedere la detenzione risulterà impossibile fare passi avanti, ma non possiamo arrenderci”.

E per richiamare l’attenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi delle carceri e sui suicidi dietro le sbarre, è stata organizzata una “Maratona Oratoria” per mercoledì 3 luglio a Torino, in piazza Arbarello, dalle 11 alle 16 (la stessa iniziativa, in giornate diverse, è proposta anche in altre città italiane. In Piemonte, oltre a Torino, si terrà ad Alessandria, Cuneo, Asti, Vercelli e Novara). L’invito è quello di partecipare, ascoltare e, per chi lo vorrà, anche di intervenire.