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di Massimo Massenzio

Corriere di Torino

Angelo Libero aveva 44 anni ed era un uomo fragile. Ieri si è tolto la vita nel carcere di Torino impiccandosi con un cappio rudimentale legato al letto a castello della sua cella. È il secondo suicidio in due settimane fa, dopo quello di Grazia Orlarey, 52 anni, che si era impiccata nella sezione femminile a poche settimane dalla sua scarcerazione. Anche Angelo avrebbe lasciato molto presto la casa circondariale delle Vallette. Doveva scontare una pena di un anno e un mese per omicidio stradale e inizialmente aveva ottenuto i domiciliari. Quel lungo periodo di isolamento, però, ha riportato a galla vecchi fantasmi e antiche fragilità che sembravano sopite. Da febbraio era in attesa di essere collocato in una comunità esterna e, in ogni caso, a ottobre sarebbe tornato libero. “L’ho incontrato la scorsa settimana e domani sarei andato a trovarlo per comunicargli che finalmente una comunità aveva dato la disponibilità a ospitarlo- racconta il suo difensore, l’avvocato Pier Lorenzo Tavella. Ad agosto, con ogni probabilità, sarebbe uscito. Era una persona che non doveva stare in carcere”. Quelli di Graziana e Angelo sono i primi due suicidi dell’anno, si aggiungono ai 4 del 2022, dopo Foggia è il numero più alto registrato in una struttura penitenziaria italiana. Numeri che devono indurre a una riflessione, sottolinea il garante Mellano: “Quest’ultimo atto disperato e drammatico deve interrogare le istituzioni politiche, a cominciare dalla Regione, in quanto responsabile dell’autorità penitenziaria. Lunedì ci sarà la visita in carcere della commissione Sanità, al termine di un lavoro iniziato a marzo. Credo sia il momento di tradurre la conoscenza del problema in atti e decisioni politiche. Occorre un incontro fra il presidente Cirio e l’amministrazione penitenziaria per trovare una soluzione. Che non si trovi una comunità per un detenuto che aspetta da mesi una ricollocazione non è accettabile”.