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di Simona Lorenzetti

Corriere di Torino, 15 agosto 2023

Il Garante nazionale dei detenuti valuta di costituirsi parte civile. Non c’è nessun segno evidente di disidratazione sul corpo di Susan, la 42enne nigeriana morta venerdì notte nella sua cella del carcere Lorusso e Cutugno. Eppure, l’arresto cardiaco sarebbe da addebitare a uno squilibrio elettrolitico: cioè, una carenza di liquidi.

L’autopsia, però, non scioglie del tutto i dubbi sulle ultime ore di vita della donna, che da oltre 20 giorni - da quando era entrata in carcere - aveva smesso di mangiare e bere sopraffatta dalla sofferenza di non incontrare il figlio di 3 anni. L’inedia sembrerebbe averla uccisa, ma il suo corpo potrebbe rivelare altri retroscena. Al momento del decesso pesava 80 chili: da un punto di vista fisico non appariva affatto denutrita, considerando che era alta circa un metro e settanta centimetri. Inoltre, non c’erano segnali inconfutabili di disidratazione. Bisognerà attendere l’esito degli esami istologici per avere un quadro completo. Nessuna incertezza, invece, sulla morte di Azzurra: confermato il decesso per asfissia.

Le inchieste della Procura di Torino (s’indaga per istigazione al suicidio) sono all’inizio. I magistrati - Delia Boschetto, Chiara Canepa e Mario Bendoni - stanno acquisendo le relazioni degli operatori e dei sanitari del carcere. Non solo, si sta lavorando per ricostruire il quadro clinico e psicologico delle due donne. Il punto è capire se si potesse fare di più per aiutarle e se ci siamo state negligenze in termini di assistenza. Azzurra, 28 anni, aveva già tentato il suicidio in passato. Per questo lo scorso 29 luglio era stata trasferita dal carcere di Genova a Torino e ricoverata nell’Astm (Articolazione per la tutela mentale). È il reparto più sicuro della sezione femminile: stanze singole, telecamere, monitoraggio costante e controlli medici due volte al giorno. Al suo arrivo, la giovane era stata sottoposta a un livello di sorveglianza “alto”. Poi era passata a “medio” con una compagna di cella (in gergo definita “peer supporter”). Dei due episodi si sta interessando anche il garante nazionale dei detenuti, che sta valutando di costituirsi parte civile nell’eventualità che le inchieste portino alla luce responsabilità. E anche la Camera penale Vittorio Chiusano sta seguendo con attenzione gli sviluppi della vicenda.

Il carcere, con tutte le sue problematiche e criticità, è sotto i riflettori. E persino il maltempo sembra accanirsi. Il nubifragio che si è abbattuto domenica sera su Torino non avrebbe risparmiato il Lorusso e Cutugno: un fulmine avrebbe mandato in tilt il sistema Afis (il programma che identifica la popolazione carceraria e regola ingressi e uscite) e l’acqua avrebbe invaso il pian terreno di alcune aree comuni, tra cui quelle del blocco E (la palazzina che ospita i detenuti che sono autorizzati al lavoro e ad attività sportiva).