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di Giuseppe Legato

La Stampa, 14 marzo 2022

A pochi giorni dalla visita della ministra della Giustizia Marta Cartabia, l’udienza che deciderà sul rinvio a giudizio degli agenti penitenziari.

Osservato speciale del Dap insieme al carcere di Sollicciano (parole di Benardo Petralia, direttore del Dap fino a poche settimane fa), tre delicate inchieste giudiziarie in corso, un dirigente definitivo che non si trova per la rinuncia dei primi tre vincitori del bando (hanno scelto altre sedi pur avendo superato le prove), un reparto “della vergogna” chiuso da poco che ospitava detenuti, parole del garante, “in condizioni inumane e degradanti”.

La sfida più difficile per il Lorusso e Cutugno è scrollarsi di dosso l’etichetta di carcere più complicato d’Italia. Cose del passato, dicono ora in molti. Forse. Ma di certo sono ancora attuali nelle aule di giustizia.

Domani entrerà nel vivo l’udienza preliminare dell’inchiesta sulle presunte torture consumate all’interno del penitenziario per due anni, dal 2017 al 2019 e ricostruite dalla procura (pm Francesco Pelosi) con una lunga e articolata indagine adesso approdata al vaglio dei giudici. È molto probabile che già domani il magistrato formulerà le richieste di rinvio a giudizio degli imputati che in complesso sono 25.

Bisognerà capire chi sceglierà il rito ordinario e chi opterà per quelli speciali, ma l’accusa tira dritto per la sua strada che è quella tracciata nell’avviso di chiusura indagini. Più di dieci detenuti (costituiti parte civile) sarebbero stati oggetto di violenze e - in ipotesi d’accusa - torture scandite da vessazioni, insulti, atteggiamenti umilianti che si sarebbero verificati all’interno del carcere a partire del 2017 per mano di alcuni agenti di polizia penitenziaria. Questi avrebbero obbligato alcuni carcerati a leggere i passaggi più compromettenti degli atti giudiziari relativi ai reati per cui erano ristretti in cella. E poi ci sono le botte, presunte certo, ma ancora vive nei racconti dei carcerati che erano ospitati nel Padiglione C, destinato ai cosiddetti “sex offenders”.

Tra gli imputati figurano anche l’ex direttore della struttura Domenico Minervini e l’ex comandante della polizia penitenziaria Giovanni Battista Alberotanza. Il primo dei due avrebbe ignorato le segnalazioni ricevute consentendo di fatto che le violenze non si interrompessero. Insieme a loro sono accusati anche alcuni sindacalisti dell’Osapp.

L’inchiesta sul reparto per gli “psichiatrici” - Da una presunta vergogna a un’altra (sempre presunta). È in pieno fermento l’inchiesta relativa al cosiddetto Sestante, reparto (chiuso da alcuni mesi su ordine del Dap) in cui i cosiddetti detenuti “psichiatrici” sarebbero stati detenuti a lungo in condizioni indescrivibili. L’ipotesi di reato formulata dai pm Chiara Canepa e Gianfranco Colace è di maltrattamenti al momento contro ignoti. Ma è davvero ampia la delega firmata dai magistrati ai carabinieri del Nas che tre giorni fa sono andati anche in Comune ad acquisire ulteriori atti utili a sbrogliare la matassa dei fatti avvenuti.

Le condizioni disumane della sezione filtro - C’è infine la questione della sezione filtro su cui il ministro della giustizia Marta Cartabia (in visita l’altroieri all’istituto di pena) è stata netta definendolo “inguardabile per la disumanità, tanto per le condizioni in cui deve operare la polizia penitenziaria quanto per quelle in cui si trovano i detenuti”. Il cammino per tornare alla normalità appare ancora molto lungo.