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di Caterina Stamin

La Stampa, 21 febbraio 2024

Inaugurato l’anno accademico del Polo per studenti detenuti di Torino. “Avrei due richieste da fare all’Università per il futuro”. Manlio nasconde la timidezza dietro un sorriso mentre tiene stretto il microfono ed esprime i desideri suoi e dei colleghi: “Vorremmo degli Open day e più momenti di scambio culturale”. Indossa la maglietta bianca con lo stemma rosso di UniTo, una t-shirt che per lui ha un significato ben preciso. “Ho chiesto il trasferimento dalla Sicilia a Torino due mesi fa perché lì non potevo studiare - racconta il 27enne -. Essere qui per me significa avere l’opportunità di completarmi come persona”. Manlio è uno degli studenti della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” per cui cultura significa riscatto. Il più giovane, Amza, ha 25 anni, il più anziano, Riccardo, ne ha più di 60. Alcuni di loro hanno già una laurea in tasca, chi in Architettura e chi in Filosofia, per altri partecipare a lezioni e seminari è un’opportunità che non avevano mai avuto prima. Ora ce l’hanno.

È stata firmata ieri la nuova convenzione tra l’Università, la Casa circondariale e l’Ufficio interdistrettuale di Esecuzione penale esterna Uiepe, che consentirà ai detenuti di esercitare il diritto allo studio nel triennio 2024-26. O per dirla con le parole di Franco Prina, delegato del rettore per il Polo studenti detenuti, “garantirà a studenti e studentesse di presentarsi non più come qualcuno che è ciò che ha fatto, ma come un “dottore in”“.

Il Polo Universitario per studenti detenuti è nato quarant’anni fa, come iniziativa pionieristica in Italia. “Siamo nati prima degli altri - commenta il rettore, Stefano Geuna - e siamo riusciti a correre veloci”. E infatti negli anni l’offerta formativa si è ampliata: alle storiche facoltà di Scienze Politiche e Giurisprudenza, si sono aggiunte Scienze Motorie, Nuove tecnologie, Beni culturali, Lettere. Oggi sono 22 i corsi di laurea - divisi in 13 triennali e 9 magistrali - che hanno consentito, nell’anno accademico 2022-3, di laurearsi in triennale a 7 studenti e in magistrale a una studentessa. Ma sono sempre di più i detenuti iscritti a UniTo. “Fino al 2018 erano una quarantina - dettaglia Geuna - dal 2019 sono saliti a 59, poi 67 e 94, fino a diventare oggi 121 (di cui 100 in detenzione ndr), distribuiti in 8 istituti: sono triplicati e noi non possiamo che esserne orgogliosi”.

Tra un pubblico di istituzioni, tutor e studenti, c’è Marina, una delle prime iscritte al corso di laurea in Scienze politiche e sociali. “Per me studiare ha significato allontanarmi dalla vita di strada e ricominciare, sentirmi una cittadina proprio come gli altri, anche se dietro le sbarre - dice -. Ho dato 12 esami, spero che la mia esperienza possa aiutare qualcuno”. Ha un sogno nel cassetto ma non riesce ancora a esprimerlo: “Non so come festeggerò la laurea ma vorrei essere con la mia famiglia”. Manlio, invece, ha le idee chiare: “Vorrei una festa come quelle che si vedono in televisione, con la corona d’alloro in testa e i coriandoli. I primi a cui dirò che mi sono laureato sono mia madre e mio fratello”.

Il rettore recita la formula di rito: “Dichiaro ufficialmente aperto l’anno accademico”. Applausi in sala. Parola alla direttrice della Casa circondariale, Elena Lombardi Vallauri, che manda un messaggio dal cuore ai suoi studenti: “Vi auguro che questa opportunità possa essere davvero una strada per la libertà”.