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di Maurizio Caprara

Corriere della Sera, 15 settembre 2024

Punizioni e violenze nei confronti di terroristi reclusi. L’ex primo ministro Bennett: “Vogliamo uno Stato qui o delle milizie che fanno quello che vogliono?”. La guerra è guerra e malgrado lo si neghi durante un conflitto casi di torture di prigionieri non mancano quasi mai. Non ne mancarono, e non fu un onore, neppure durante la giusta lotta del nostro Paese contro il terrorismo negli anni Settanta. Questo tuttavia conferma e non riduce il valore fondamentale dei progressi che nel mondo le democrazie, gradualmente, hanno compiuto decidendo di non ritenere più legali i mezzi violenti di punizione e di interrogatorio che erano ordinari in secoli precedenti verso reclusi e inquisiti. È dunque motivo di preoccupazione e indignazione quanto accaduto in Israele, a fine luglio, quando gruppi di contestatori di estrema destra hanno fatto irruzione nella base di Sde Teiman chiedendo il rilascio di nove militari arrestati con l’accusa di aver sottoposto a violenza sessuale un ufficiale della polizia di Hamas catturato. Alcuni dei manifestanti sono riusciti a raggiungere il luogo di detenzione dei nove.

Il New York Times ha riferito che tra i contestatori rientravano tre parlamentari della coalizione del governo di Benjamin Netanyahu. Secondo la rete AbcNews erano coinvolti nelle proteste anche un paio di ministri. Stando al Jerusalem Post, uno. La prima testata ha riferito che a un parlamentare del Likud, Hanoch Milwidsky, altrove è stato chiesto se fosse accettabile abusare sessualmente di un detenuto e la sua risposta è stata di sì: “Se lui è Nukhba, tutto è legittimo da fare. Tutto”. Nukhba è un’unità di élite di Hamas che ha la responsabilità di numerose delle 1.200 feroci eliminazioni di israeliani compiute il 7 ottobre. Legittimo è che le forze israeliane ne cerchino i componenti e li colpiscano in combattimenti a Gaza. Illegale e incivile è che essi vengano sottoposti ad abusi sessuali con mezzi di offesa se catturati.

“Vogliamo uno Stato qui o delle milizie che fanno quello che vogliono?” è stata una domanda posta al Paese da un ex primo ministro israeliano di destra, Naftali Bennett. “Smettete di gettare benzina sul fuoco”, ha aggiunto riferendosi ai contestatori di Sde Teiman e a chi li appoggia.

L’esercito aveva mandato due battaglioni a difendere la base. L’inchiesta sull’abuso sessuale durerà ancora. Nei giorni scorsi tre dei nove militari sono stati rilasciati e per cinque sono stati disposti brevi arresti domiciliari.

Spesso le Nazioni Unite sono risultate sbilanciate contro Israele. Ma anche se fossero vere soltanto in parte andrebbero considerate le affermazioni recenti dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, l’austriaco Volker Türk, su centri di detenzione israeliani: “Le testimonianze raccolte dal mio ufficio e da altre entità indicano una serie di atti spaventosi, come il waterboarding (soffocamento con acqua interrotto prima delle estreme conseguenze, ndr) e il rilascio di cani sui detenuti, in flagrante violazione del diritto internazionale”.

Il Servizio Prigioni Israele, la struttura di Stato, nega la veridicità di analoghi addebiti contenuti in rapporti di organizzazioni di volontariato. Allo stesso tempo rivendica che dopo il 7 ottobre “sotto la direzione del ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir le condizioni per i prigionieri di sicurezza in carcere sono peggiorate. In accordo con la politica del ministro, sono stati bloccati miglioramenti applicati in passato”.

Hamas ha commesso crimini raccapriccianti. Tuttora a Gaza tormenta decine di ostaggi israeliani innocenti, la cui sola prigionia è di per sé barbara. In ottobre terroristi palestinesi (e alcuni civili, per modo di dire) usciti da Gaza hanno inflitto a ragazze e donne ebree stupri ricostruiti con dati di fatto dal documentario Urla prima del silenzio, Screams before silence, reperibile su Internet.

Israele dunque ha l’indubbio dovere di difendere se stesso. Anche, di certo, da coloro che dall’interno collidono con la sua preziosa democrazia e con il suo Stato di diritto.