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di Jacopo Storni

Corriere Fiorentino, 21 agosto 2024

L’associazione Coscioni: non rispettano il diritto alla salute, le istituzioni facciano qualcosa. Una diffida alle Asl affinché facciamo rispettare quel che oggi non viene garantito, il diritto alla salute nelle carceri, toscane e non solo. L’iniziativa dell’associazione radicale Luca Coscioni chiama in causa le aziende sanitarie, ma punta anche il dito sul sovraffollamento (a Sollicciano 130%) e sulle istituzioni che “non prendono provvedimenti adeguati all’emergenza”. Nove giorni vissuti in carcere in condizioni “disumane e degradanti” ne valgono uno di libertà. O una contropartita di 8 euro al giorno. È l’effetto della sentenza Torrigiani, che in Toscana riguarda tutti gli istituti, dipende dal momento: è facile ottenere ragione se si è detenuti a Sollicciano; a seconda delle sezioni e del sovraffollamento è altrettanto semplice ottenere lo sconto a Massa e Pistoia, mentre legali stanno lavorando per dare la stessa possibilità ai detenuti della Dogaia di Prato.

La storia di F. è esemplare: ieri stava compilando in cella, proprio a Prato, quel foglio che forse gli darà uno sconto di pena. Ma per cosa? “Per il fatto che sei stato qui”, gli ha spiegato il suo legale. Se l’istanza che accompagna il modulo sarà accolta dal tribunale di sorveglianza sarà libero un anno prima (sui 12 che deve scontare). Se l’istanza fosse accettata solo dopo la sua scarcerazione, invece, riceverà un risarcimento: nel suo caso circa 30 mila euro. Quel foglio, “dentro”, è diventato un pezzo di carta famoso, con diversi soprannomi: “Sfollamento”, “Torreggiani”, “35 Terra”.

L’avvocato Sara Mazzoncini, componente della commissione Carcere della Camera penale di Prato, spiega che proprio nel carcere nella sua città sono previste nei prossimi giorni “nuove planimetrie per certificare la condizione degradanti della struttura”, dove - lo ricordiamo - nell’ultimo mese si sono suicidati due detenuti. “Nella nostra visita al carcere abbiamo trovato a Prato una situazione involuta, ma ancora non ci riconoscono inspiegabilmente il 35 ter. In alcune celle - spiega Mazzoncini - non funziona il bagno, ci sono le cimici del letto ovunque, alcuni detenuti hanno la scabbia, ci sono 35 gradi nell’infermeria”.

Il 35 ter o “sentenza Torreggiani”, dal cognome di uno dei ricorrenti, fa riferimento alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che nel 2013 ha condannato l’Italia perché in molte delle sue carceri infrange l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Ogni detenuto dovrebbe avere infatti un numero di metri quadri preciso a disposizione, l’accesso all’acqua, condizioni igieniche e di temperatura degli ambienti dignitose. Ma spesso, quasi sempre, così non è. Undici anni fa, dopo la sentenza, si gridò allo scandalo con editoriali di sdegno e condanne sui social. Che tuttavia hanno potuto poco rispetto al cambio di rotta. Sino al capolavoro. Si è capito molto presto che la situazione degli istituti, spesso fatiscenti, senza spazi e tempi adeguati per la dignità delle persone che li abitano, sarebbe stata difficile da cambiare in fretta. Così l’anno dopo, nell’estate del 2014, un decreto legge (n. 92) ha introdotto nell’ordinamento penitenziario l’articolo 35-ter (da cui uno dei soprannomi, 35 terra).