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di Giulio Gori

Corriere Fiorentino, 8 febbraio 2024

L’allerta riguarda i carcerati, ma anche le guardie penitenziarie: “Nelle carceri italiane c’è un’emergenza salute mentale. In Toscana i contesti più problematici sono le case circondariali di Sollicciano a Firenze e Le Sughere a Livorno”. A dirlo è la dottoressa Ilaria Garosi, del gruppo di lavoro sulla psicologia penitenziaria dell’Ordine toscano degli psicologi. Che spiega che, oltre al dramma dei suicidi, si ripetono aggressioni e forme di autolesionismo.

Perché Sollicciano e le Sughere sono le strutture più critiche? “Sono case circondariali, dove, a differenza delle case di reclusione, ci sono anche detenuti in attesa di sentenza definitiva. E loro, rispetto a chi è passato in giudicato, hanno meno accesso al trattamento psicologico - dice Garosi - Più in generale, per il benessere psicofisico contano tanti fattori, a partire dal problema di vivere in una situazione di sovraffollamento, con una riduzione degli spazi disponibili, che incide come fattore di stress, ma che può limitare anche l’accesso ai servizi: se in un carcere ci sono troppi detenuti, è più difficile fare una telefonata alla famiglia o fare la doccia, accedere alla palestra o al luogo di culto”. Non solo: “Ci sono moltissimi stranieri che vivono una condizione di solitudine maggiore causata dalla non presenza dei familiari e da differenze culturali che rendono complesso l’adattamento. Ci sono persone tossicodipendenti che avrebbero necessità di percorsi terapeutici esterni al carcere”.

Così, i detenuti che manifestano disagio psichico, aggressività o autolesionismo aumentano. E ne fanno le spese anche le guardie carcerarie: “Operare in una situazione di continua sollecitazione, con eventi critici come la rivolta di lunedì scorso a Sollicciano, detenuti che si tagliano, che aggrediscono, aumenta lo stress di chi deve controllare. Il risultato è, anche se i dati non sono recenti, il tasso di suicidi delle guardie carcerarie risulta più alto rispetto a quello delle altre forze dell’ordine. Mentre, sulla base dell’esperienza degli psicologi nelle strutture toscane, sembrano molti i casi di malattia da stress e di dimissioni, specie tra i nuovi assunti”. Non è un caso se a Careggi, al Centro per le criticità relazionali, è stato attivato un servizio psicologico dedicato alle guardie carcerarie, prima sperimentale per Sollicciano, San Gimignano e Pisa, ora allargato a tutta la Toscana.

“I colleghi psicologi che lavorano nelle carceri toscane - è l’appello di Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana - possono offrire un contributo importante nella rilevazione dei bisogni e dei fattori di rischio, il loro lavoro andrebbe valorizzato”. Tuttavia, dal 2 febbraio, agli psicologi che lavorano nelle carceri è stato riconosciuto l’equo compenso, ma per far tornare i conti il loro monte di ore di lavoro è stato ridotto del 40%.