sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Mauro Magatti

Corriere della Sera, 31 gennaio 2024

Pluralismo, educazione e innovazione istituzionale giocano un ruolo decisivo. I segnali che indicano il generale riorientamento del clima psicosociale contemporaneo sono numerosi e, purtroppo, convergenti. L’elenco è impressionante: il fondamentalismo ha contagiato tutte le grandi matrici religiose, arrivando a giustificare la violenza e il sostegno del terrorismo; il razzismo e l’antisemitismo riemergono e risuonano persino nel cuore delle società più avanzate, a partire da quella americana e tedesca; l’odio sociale circola abbondantemente nei social, alimentando risentimento e hate speech; in sistemi politici molto diversi sono al potere “uomini forti”, cinici disincantati che non hanno remore nel calpestare le leggi e il diritto internazionale; infine, la moltiplicazione dei focolai di guerra rischia di saldarsi in un unico grande conflitto globale con a tema la riscrittura dell’ordine mondiale.

Il mondo sembra scivolare lungo un piano inclinato, preso dal vortice di potenti forze irrazionali che imprigionano l’inconscio collettivo. Viviamo un momento storico in cui la ragionevolezza stenta a offrire un punto di appoggio sufficiente per affrontare le tensioni esistenti. Quello che sembra evidente è che l’interesse economico e l’innovazione tecnologica non bastano per governare la complessità: il contraltare della liberazione del desiderio individuale su scala globale - un successo straordinario della fase storica alle nostra spalle - è oggi il contagio della paura, del risentimento, dell’odio. Che si risolve poi nella logica, arcaica ma sempre efficace, dello schema amico-nemico: semplificando la realtà e parlando all’emotività, l’identificazione di un nemico (interno e/o esterno) è la via più semplice per assorbire e scaricare a terra la tensione accumulata. Ciò comporta la sistematica distorsione della realtà, piegata alle esigenze emotive di gruppi sociali che ritrovano così un loro punto di consistenza.

Due esempi illustrano bene il punto. Negli ultimi anni, in diversi Paesi occidentali la paura dello straniero - e specificatamente dell’Islam - è stata un cavallo di battaglia dei partiti di estrema destra. Ma il numero di islamici è sistematicamente sopravvalutato: in Germania, a fronte di una presenza pari al 4%, la “percezione” è che siano il 21%. Idem in Francia (dove, a fronte di una presenza del 9%, la percezione pubblica sale al 28%) e in Italia (dove il 5%, è proiettato al 19%). E ancora: si può discutere sulla lungimiranza dei rapporti tra Nato e Russia che hanno seguito la fine dell’Unione sovietica. Ma l’argomento usato da Putin - che ha ripetutamente parlato di accerchiamento occidentale mirante ad annientare la Russia - è del tutto esagerato. Pura propaganda che il leader russo traduce poi nel tetro progetto di una “denazificazione” del’Ucraina. Contrariamente a quanto siamo portati a pensare, anche in un’epoca caratterizza da una interconnessione informativa senza precedenti le dinamiche sociali continuano a seguire copioni antichi. Come dimostrano questi due esempi, gli innegabili successi della crescita non riescono a placare le paure che vengono poi ingigantite, deformate, strumentalizzate. Anzi, in un mondo sempre più astratto e mediatizzato - nonché a elevatissima complessità - i fattori psichici inconsci riaffiorano con inaspettata intensità. Diventando materiale a disposizione della volontà di potenza di élites del tutto disinteressate al destino concreto di interi popoli.

Muoversi in questo contesto è difficilissimo: il groviglio del circuito azione-reazione risulta inestricabile. Le paure tendono, infatti, a trasformarsi in vere e proprie paranoie. L’azione di contrasto, seppure necessaria, non è sufficiente. Soprattutto se finisce per alimentare un circolo vizioso che si avvita su se stesso. Le paure vanno ascoltate, non negate. Per quanto distorte, esse ci dicono qualcosa della realtà. Qualcosa di cui è necessario tenere conto. D’altro canto, nel clima psicosociale che stiamo vivendo, i discorsi e gli interventi puramente funzionali e razionali, pur necessari, non bastano. Per addomesticare la furia che circola a livello planetario, occorrono visioni del mondo positive, capaci di toccare il piano simbolico ed emotivo. Occorre, cioè, mobilitare quel piano spirituale (nel senso più pieno e laico del termine) che le società avanzate paiono aver drammaticamente abbandonato.

Non si risponde alla paura con l’evocazione di paure ancora più grandi. Tecnica a cui purtroppo si è fatto ampiamente ricorso negli ultimi decenni. E, purtroppo, anche negli ultimi mesi. Al contrario, bisogna rafforzare i tre antidoti che la tradizione democratica ci consegna: un pluralismo capace di mettere a confronto dati, letture, interpretazioni diverse; un investimento in educazione e formazione proporzionato rispetto alla complessità del mondo che abbiamo costruito; la capacità di una vera innovazione istituzionale (a livello nazionale e internazionale) per tagliare l’erba sotto i piedi agli imprenditori della paura e dell’odio. Il dopo Covid ha generato una stagione in cui, a tutti i livelli, i rapporti sociali sembrano destinati a ristrutturarsi secondo il codice dell’odio, della violenza, del conflitto, della guerra. Occorre, con realismo, prenderne atto. Senza smettere di domandarsi qual è il modo per sfuggire alle logiche che lo rafforzano.