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di Giuliano Balestreri

La Stampa, 14 ottobre 2023

Il rapporto Istat sul sommerso: irregolare il 12,7% degli occupati, boom nei servizi alla persona. Tre milioni: sono i lavoratori in nero in Italia. Quasi un quarto del totale degli inattivi: quei 12 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni che potrebbero lavorare, ma non hanno alcun impiego e neppure lo cercano. La crisi del sistema previdenziale si spiega con questi numeri: a fronte di 23 milioni di occupati e 1,8 milione di disoccupati, ci sono tre milioni di lavoratori che non versano un euro di contributi, che sono completamente sconosciuti al fisco e che incassano milioni di euro sotto forma di sussidi. Ma sono pure i più esposti ai salari poveri, agli infortuni e alla tragedia delle morti sul lavoro.

È la fotografia scattata dall’Istat sull’economia non osservata che nel 2021 è cresciuta del 10% rispetto al 2020, l’anno della pandemia globale. Il dramma dei lavoratori invisibili è una delle facce del sommerso che in Italia vale 192 miliardi di euro: il 10,7% del Pil. Una cifra identica all’intero importo del Pnrr.

A spingere il fenomeno sono i consumi di droga e sostanze stupefacenti che sono saliti a 15 miliardi e mezzo di euro, mentre la spesa per le prostitute raggiunge i 4,5 miliardi. E con la ripresa economica trainata dalla fine del Covid e dei lockdown, l’economia non dichiarata è cresciuta a un ritmo più veloce del Pil (+8,3%) arrivando a un livello “indegno di un paese civile”, come lo definisce l’Unione nazionale consumatori, ma ancora inferiore a quello di prima della pandemia. Il Pil ha poi superato il livello del 2019 a metà 2022 e solo con i dati dell’anno prossimo si capirà se lo stesso andamento hanno avuto le attività illecite e criminali o se effettivamente il loro impatto si sta riducendo.

L’Istat per il momento registra, sull’occupazione in nero, un possibile ridimensionamento di quella che definisce “una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano”. L’incidenza dei lavoratori irregolari nel lavoro domestico e negli altri servizi alla persona supera il 40% del totale, in agricoltura è oltre il 16% e si attesta intorno al 13% anche per il commercio, i trasporti, l’alloggio e la ristorazione. “Rimane altissimo il numero di lavoratrici e lavoratori a cui non si applicano contratti collettivi, diritti e tutele”, commenta la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese che chiede più assunzioni di ispettori e misure di emersione per evitare un flop del piano nazionale per il contrasto al lavoro sommerso, previsto dal Pnrr. Nel complesso dell’economia italiana il tasso di irregolarità dell’occupazione è del 12,7%, un valore preoccupante, secondo tutte le analisi, ma in diminuzione dal 13,6% dell’anno precedente. Questa riduzione del lavoro nero si riflette anche in un miglioramento del peso del sommerso sul Pil che è “lento ma continuo”, a partire dal picco registrato nel 2014.

Ci sono quindi alcuni indizi di possibili avanzamenti in un settore critico come quello del lavoro nero, che si accompagnano a passi indietro in altri campi, a partire da quelli su evasione ed elusione fiscale in merito alle comunicazioni volutamente errate del fatturato e dei costi delle attività economiche.