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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 9 gennaio 2024

Ancona, la procura apre un fascicolo per istigazione. A Napoli si indaga per omicidio di un altro recluso nel carcere di Poggioreale. Tre storie dal carcere, tre storie che testimoniano in qualche modo il fallimento del nostro sistema giustizia, e non solo: due giovani detenuti morti nella Casa circondariale di Ancona e a Poggioreale ma che potevano e dovevano essere salvati, e il caso di un altro giovane, un nigeriano di 25 anni che ha dovuto attendere 20 mesi prima di ottenere - ieri - i domiciliari da scontare in una comunità, perché appunto sprovvisto di domicilio. Ieri la Corte d’appello di Napoli ha confermato per lui la pena di 5 anni emessa in primo grado per l’estorsione di pochi euro.

La prima storia è quella di Matteo Concetti, detenuto 25enne originario del Fermano e incompatibile con la detenzione per via dei gravi disturbi psichiatrici di cui soffriva, al punto da essere tutelato da un amministratore di sostegno, che si sarebbe suicidato il 5 gennaio scorso nella cella del carcere di Montacuto dove era stato messo in isolamento. Una tragedia più che annunciata dallo stesso giovane che aveva confidato alla madre, Roberta Faraglia, la sua disperazione e la sua incapacità di sopravvivere ad una forma di detenzione che sentiva come tortura. Ieri la procura di Ancona ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per istigazione al suicidio. Il pm Marco Pucilli ha avviato l’inchiesta dopo l’esposto presentato dalla signora Faraglia ai carabinieri di Rieti, dove la donna è residente. La signora aveva chiesto in ogni modo che il giovane fosse aiutato e si era rivolta anche alla senatrice Ilaria Cucchi, che però non ha fatto in tempo ad intervenire. “Mio figlio aveva un disturbo psichiatrico accertato, era bipolare, in carcere non ci poteva stare. Tanto meno in isolamento, senza nessuno che lo controllasse, impaurito e agitato com’era”, ha spiegato agli inquirenti Roberta Faraglia. Suo figlio Matteo doveva scontare ai domiciliari un residuo di pena per reati contro il patrimonio commessi quando era minorenne. Ma aveva violato l’orario di rientro perciò era tornato in carcere a Fermo. Da lì era stato trasferito a Montacuto, dove aveva protestato insieme ad altri detenuti perché sosteneva si fossero violati i loro diritti e dove avrebbe aggredito un agente. Motivo per il quale era stato messo in isolamento. L’autopsia è prevista per venerdì 12 gennaio e sarà eseguita dal medico legale Raffaele Giorgetti.

Qualcuno ha suggerito la soluzione “suicidio” anche per il caso di Alexandro Esposito, 33enne tossicodipendente di Secondigliano trovato morto alla vigilia dell’Epifania in una cella del Padiglione Napoli del carcere napoletano di Poggioreale dove era recluso insieme ad altri detenuti. Ieri si è svolta l’autopsia sul corpo del giovane, perché gli inquirenti sospettano invece l’omicidio, visto che i primi accertamenti medici e della polizia scientifica hanno rinvenuto sul cadavere segni di violenza e la presenza di un “materiale scuro liquido che fuoriusciva dal cavo orale”. Secondo il medico chiamato ad intervenire sul posto per certificarne l’avvenuto decesso, Alexandro Esposito era già in rigor mortis, ossia come se fosse morto molte ore prima. I risultati dell’autopsia saranno a disposizione degli avvocati nei prossimi giorni.

Infine, dice molto anche la storia di Kelvin Egulbor, nigeriano di 25 anni che ha dovuto passare 20 mesi in carcere a Poggioreale perché non ha una casa dove scontare la detenzione domiciliare. Ieri però la Corte d’Appello, confermando la pena di 5 anni per aver minacciato un uomo di tagliargli la cappotta dell’auto se non gli avesse dato 2 euro per parcheggiare nella zona di Fuorigrotta a Napoli, ha concesso al giovane i domiciliari da scontare in una comunità del casertano. “Grande amarezza” per la sentenza hanno espresso il garante per il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, e l’avvocato difensore Salvi Antonelli, che aveva chiesto di derubricare “il reato “in violenza privata, dal momento che Egulbor è stato accusato di essere un parcheggiatore abusivo quando non lo era”.