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di Dafne Roat

Corriere del Trentino, 28 gennaio 2023

Per la giudice le condizioni erano inumane. L’uomo divideva una cella piccola con altre due persone. Un detenuto ha denunciato condizioni inumane all’interno della cella. Aveva uno spazio vitale di circa due metri quadrati. Il Tribunale ha condannato il ministero

Mille giorni con uno spazio vitale di poco più di due metri quadrati. Una cella di nove metri quadrati calpestabili in totale, esclusi il bagno e le due ante dell’armadio fissate al muro, che doveva condividere con altri, due, tre detenuti. Durante l’epoca Covid sarebbe rimasto all’interno della propria cella ventiquattro ore su ventiquattro, a quanto pare qualche volta senza la concessione dell’ora d’aria, trascorrendo quindi le sue giornate all’interno della propria cella.

Una condizione ritenuta inumana dal Tribunale che ha condannato il ministero della giustizia a pagare 8.400 euro di danni al detenuto, un cinquantenne italiano, riconoscendo, come chiesto dal suo avvocato Nicola Degaudenz, il rimedio riparativo determinato in otto euro per ciascuna giornata trascorsa all’interno della cella. Nel provvedimento la giudice Claudia Pedergnana si richiama all’orientamento della Corte di Giustizia Europea secondo il quale nei casi in cui lo spazio vitale a disposizione è inferiore a tre metri quadrati il trattamento è inumano. E sarebbe questo il caso. La Corte di Giustizia Europa ha infatti individuato i principi del trattamento penitenziario delineando l’ipotesi in cui il regime di carcerazione può essere ritenuto o meno conforme al senso di umanità.

I documenti raccontano la sofferenza del cinquantenne che era entrato nel carcere di Spini di Gardolo il 9 gennaio del 2019 ed era rimasto fino al 24 novembre 2020, 1.050 giorni complessivi, un periodo infinito per chiunque vive una condizione di privazione della libertà, ma per il cinquantenne la situazione sarebbe diventata quasi insostenibile. Il motivo? I metri quadrati disponibili erano pochissimi. L’uomo trascorreva in cella circa sedici ore al giorno, tre erano le ore dedicate al lavorio e le restanti cinque ore le trascorreva nei corridoi insieme ad altri detenuti, ma i rapporti non erano sempre facili. Poi il 22 dicembre 2018 scoppia la rivolta. Per alcune settimane il cinquantenne rimane chiuso in cella 24 ore su 24, a quanto pare senza l’ora d’aria.

Giornate interminabili trascorse in uno spazio ridotto, come evidenzia l’avvocato. E sono numeri a dare il senso della situazione in cui viveva il detenuto. Ogni cella misurava nove metri quadrati che dovevano essere condivisi da tre detenuti. Lo spazio a disposizione era di poco più di due metri a testa, la cella più grande che l’uomo ha occupato nel periodo di detenzione misurava dieci metri quadrati, ma gli “ospiti” in questo caso erano quattro. L’arredamento: tre letti fissi, un tavolo da due e tre sgabelli, l’armadio a muro un termosifone e poi altri piccoli ospiti, le formiche, che - è la denuncia - condividevano gli spazi con i detenuti. Condizioni ritenute inumane secondo il legale del tenuto e anche per il Tribunale.