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ufficiostampa.provincia.tn.it, 12 settembre 2024

Sabato 14 settembre alle 18 si conclude la rassegna “Agosto Degasperiano - Amare il nostro tempo” con l’incontro “Ogni prigione è un’isola”. Nell’Anfiteatro del Parco delle Terme di Levico Terme, la giornalista e scrittrice Daria Bignardi dimostrerà che puntare lo sguardo all’affollata solitudine del carcere significa, in fondo, andare al cuore della nostra società. “Il carcere è una giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”. Nella vita delle persone, lo spazio ha un ruolo fondamentale nella costruzione della propria identità. La cameretta, la casa, le aule di scuola, gli uffici: ognuno con le proprie regole e libertà, è in questi luoghi che si formano i codici sociali e le convivenze tra diversità necessari a condurre una vita civile. Ci sono luoghi, invece, che vogliamo dimenticare, perché ci auguriamo di non averci mai a che fare o perché ci ricordano i lati più oscuri della nostra esistenza, che scongiuriamo in tutti i modi. Guardare alle carceri vuol dire fare i conti con i propri pregiudizi, con le differenti concezioni di libertà e di giustizia, con il male che abita in tutti noi, con la possibilità del perdono. In altre parole, è un viaggio dentro noi stessi e nel cuore della società, pieno di ferite.

Nell’incontro Ogni prigione è un’isola di sabato 14 settembre alle 18, nell’Anfiteatro del Parco delle Terme di Levico Terme, la giornalista e scrittrice Daria Bignardi ci inviterà a superare i nostri pregiudizi e titubanze. Un’attenzione, quella per le carceri, nata trent’anni fa, dalle lettere scritte a Scotty, un detenuto americano condannato a morte in Texas, per poi ripresentarsi in varie forme nella sua biografia: dai suoi figli che andavano a trovare il nonno, il giornalista Adriano Sofri, in carcere, al volontariato a San Vittore, ai programmi tv dedicati a chi vive la prigione quotidianamente. Daria Bignardi vede lì dentro un’umanità sperduta, “illuminata a giorno”, dove le sensazioni, positive e negative, sono amplificate. Non un fatto di cronaca, ma un faro puntato per dare voce a chi soffre di brutta opinione, ai colpevoli, agli innocenti, alle donne carcerate che vivono in uno spazio costruito per gli uomini. A questo riguardo scrive: “così come il carcere è distillato e persino avamposto della vita per quanto riguarda sentimenti e cambiamenti sociali, allo stesso modo lo è per la condizione delle donne. Proprio come succede fuori, anche dentro stanno peggio degli uomini”. Il carcere come un’isola, lontana e incomprensibile, ma vicina se solo abbiamo il coraggio di raccontarlo e di considerarlo, nonostante tutto, parte di noi.