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di Marzia Zamattio

Corriere del Trentino, 6 luglio 2023

Due anni e risarcimento di trecentomila euro. I dubbi sul decesso sollevati dalla figlia. Ha patteggiato due mesi e venti giorni di reclusione, pena sospesa, oltre al risarcimento alla parte civile di quasi 300 mila euro il medico del carcere di Spini di Gardolo, che era finito a processo con l’accusa di omicidio colposo per la morte di una donna di 51 anni, di origini moldave, trovata morta nella sua cella la mattina del 4 gennaio 2022. La figlia dell’operatrice socio sanitaria, anche lei residente in Trentino, non aveva fin da subito creduto al decesso per cause naturali come riferito da un primo esame autoptico eseguito nella camera mortuaria del cimitero di Trento ed era voluta andare a fondo, denunciando il medico alla Procura di Trento con l’accusa di omicidio colposo.

La cinquantenne, come aveva riferito la figlia, aveva diversi problemi di salute legati principalmente ad una lombosciatalgia ma anche “dolori alla schiena, al petto e faceva fatica a respirare”. Come emerge anche dal capo di imputazione, la donna aveva ricordato che la madre proprio in quei giorni antecedenti il decesso si lamentava per i dolori che aveva, “non stava bene”. Anche l’ultima volta che l’aveva sentita al telefono, il giorno prima del decesso: “Mi diceva che in carcere non facevano nulla per curarla e che aveva ancora male” e poi, riferendosi al giorno della sua morte, aveva dichiarato: “La mattina del 4 gennaio dovevo vedere mia madre, ma mi è stato detto che era deceduta nella notte”. Uno choc per la giovane che a quel punto si è rivolta ad un avvocato per formalizzare la denuncia querela alla Procura, ipotizzando l’omicidio colposo nei confronti del medico del carcere che era stato rinviato a giudizio per “negligenza, imperizia e imprudenza, determinandole uno choc cardiogeno acuto nel contesto di una insufficienza respiratori” causata da “intossicazione acuta da sostanze oppioidi, in particolare il Fentanyl” che la dottoressa avrebbe prescritto il 3 gennaio alla detenuta. Accuse che la difesa aveva rigettato sostenendo, invece, che il decesso dell’operatrice socio sanitaria fosse legato ad un mix di medicinali e non ad un sovradosaggio dell’antidolorifico per lombosciatalgia che il medico del carcere le avrebbe “prescritto impropriamente”, in eccesso, come sostenuto dalla Procura. Per quella vicenda ieri la dottoressa, che si è sempre professata innocente e che ha sostenuto di aver sempre operato correttamente, ha scelto la via del patteggiato ed è stata quindi condannata dal giudice del tribunale di Trento Enrico Borrelli a due mesi e venti giorni di reclusione per omicidio colposo, pena sospesa. Concedendo un risarcimento pecuniario alla famiglia, alla figlia.