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di Currò Dossi

Corriere dell’Alto Adige, 15 dicembre 2023

L’avvocato Nettis: “Perplessità della famiglia sulle circostanze del decesso”. Sarà l’autopsia a chiarire le cause che hanno portato alla morte di una bolzanina di 37 anni, detenuta nella sezione femminile del carcere di Trento e trovata in fin di vita nel vano docce il 2 dicembre, con un laccio per le scarpe attorno al collo. La donna, bolzanina, è morta tre giorni dopo all’ospedale. La Procura, che sul caso ha aperto un fascicolo d’indagine, ha disposto che venga eseguito l’esame sul corpo, come chiedevano anche i familiari.

Sarà l’autopsia a chiarire le cause che hanno portato alla morte di una bolzanina di 37 anni, detenuta nella sezione femminile del carcere di Trento e trovata in fin di vita nel vano docce il 2 dicembre, con un laccio per le scarpe attorno al collo. La donna, bolzanina, è morta tre giorni dopo all’ospedale. La Procura di Trento, che sul caso ha aperto un fascicolo d’indagine, ha infatti disposto che venga eseguito l’esame sul corpo: oggi sono in programma sia il conferimento dell’incarico al perito, sia l’esecuzione dell’esame stesso, all’ospedale Santa Chiara dove al momento si trova il corpo della donna.

Per i familiari della donna, potrebbero arrivare già oggi le prime risposte alle domande che li tormentano da giorni. Non credono, infatti, all’ipotesi che al momento sembrerebbe essere la più accreditata, ossia quella del suicidio. Sul caso, la Procura ha aperto un fascicolo d’indagine, al momento senza nomi iscritti nel registro. Per far luce su quanto accaduto, e per capire se, nel frattempo, gli inquirenti abbiano già raccolto qualche elemento utile, la mamma e lo zio della vittima hanno dato incarico all’avvocato bolzanino Nicola Nettis.

“I familiari - aveva sottolineato già negli scorsi giorni - non avanzano ipotesi di alcun tipo e nemmeno lanciano accuse. Ma, a loro avviso, le circostanze in cui la donna sarebbe morta presenterebbero delle perplessità”. Sulla scorta delle quali il legale, nei giorni scorsi, ha presentato un’istanza alla Procura di Trento, per chiedere chiarimenti su queste presunte anomalie. “Anzitutto - spiega - sul laccio per le scarpe con il quale si sarebbe impiccata: un oggetto che non avrebbe dovuto essere ammesso all’interno dell’istituto penitenziario. Poi, sulla modalità in cui sarebbe avvenuta la morte: con la corporatura e il peso della donna, di circa 80 chili, viene da chiedersi se un laccio possa aver retto a una sollecitazione simile. Non da ultimo, sulla scelta, drammatica, che sarebbe arrivata a pochi mesi da quando avrebbe potuto lasciare il carcere”.

Sì perché la trentasettenne, in carcere da un paio d’anni, in seguito a una condanna per reati contro il patrimonio, tra circa sei mesi avrebbe potuto chiedere (e con ogni probabilità anche ottenere, secondo Nettis) l’accesso a una misura alternativa fuori. Senza contare il fatto che, per lo meno in presenza dei familiari, non avrebbe mai manifestato segnali che potessero indurli a pensare che fosse intenzionata a compiere un gesto estremo. La loro speranza, adesso, è che almeno dall’esame autoptico arrivino delle risposte che possano aiutarli a comprendere cosa sia accaduto.