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di Augusto Goio

Vita Trentina, 21 luglio 2023

La richiesta di istituire un apposito provveditore per il carcere, con sede e competenza sugli istituti penali della Regione Trentino-Alto Adige, è rilanciata con forza e solidità di argomenti dall’associazione Nessuno tocchi Caino, che sabato 15 luglio, nel pomeriggio, presso il Centro Rosmini ha promosso, insieme alla Camera Penale di Trento, L’incontro “Alternative al carcere. Per una giustizia di comunità”.

L’appuntamento, moderato dall’avv. Filippo Fedrizzi, presidente della Camera Penale di Trento, si è aperto con l’intervento di Rita Bernardini, Presidente di Nessuno tocchi Caino, che ha illustrato le ragioni del “Viaggio della speranza” in Trentino-Alto Adige e in Veneto organizzato dall’associazione in collaborazione con l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane con tappe che toccheranno - dopo Trento il 15 luglio, Bolzano il 17 e Belluno il 19, a Treviso giovedì 20, Venezia venerdì 21, Padova lunedì 24, Rovigo il 25, Vicenza il 26 e infine Verona giovedì 27. L’iniziativa vuole essere occasione per fare il punto sulla situazione delle carceri del Nord-Est e per parlare di misure alternative, reinserimento, diritto a all’affettività di chi è ristretto, e proporre un’idea di giustizia che ripara, secondo il dettato costituzionale, e non separa.

Tutte le tappe del “Viaggio delta Speranza” sono caratterizzate dalla visita al carcere del territorio interessato. Così anche a Trento, dove la mattina di sabato 15 è stata visitata la Casa Circondariale di Spini di Gardolo. “Il carcere è realtà poco conosciuta ai più, è un mondo a parte, mentre noi vorremmo che fosse parte del mondo. Il concetto di contenimento ci deve essere per chi è pericoloso per sé e per gli altri, ma tutto ciò che è aggiunta di afflizione credo debba essere superato”, ha riassunto Elisabetta Zamparutti, tesoriera di Nessuno tocchi Caino, richiamando le condizioni riscontrate nel carcere di Trento, una struttura nuova “architettonicamente all’avanguardia, sicuramente migliore rispetto ad altri Istituti che abbiamo visto”, ma penalizzata dal sottodimensionamento del numero di operatori polizia penitenziaria e soprattutto educatori) rispetto all’attuale popolazione detenuta. Dal colloquio con le persone ristrette sono tre i problemi maggiori riscontrati: la mancanza di una magistratura di sorveglianza adeguata a conoscere le singole individualità “non può decidere soltanto sulla base di quello che raccontano le carte”); la mancanza di educatori e di attività per carenza di risorse; la predominanza dell’elemento afflittivo e punitivo rispetto alle opportunità per far prendere consapevolezza del danno arrecato, condizione da cui partire per un percorso effettivo di recupero.

Lo aveva in precedenza ricordato Antonia Menghini, Garante per i detenuti della Provincia di Trento: a fronte di una capienza originariamente concordata tra Provincia Dipartimento Amministrazione penitenziaria (Dap) per 240 de-tenuti, negli ultimi anni essa è stata elevata a 412 posti e attualmente vi sono 350 reclusi; ma rimane l’elevata criticità dell’area educativa, che dovrebbe poter contare su otto educatori, mentre sono due quelli in servizio.

Sulle attività trattamentali in corso, rese possibili anche grazie all’intervento di cooperative e associazioni di volontariato„ e sulle misure di comunità hanno portato testimonianze due persone ristrette, la presidente di Apas Trento Maria Coviello, e l’operatore di “Dalla Viva Voce” Carlo Scaraglio. Non la soluzione, ma un aiuto alla soluzione di molti problemi potrebbe venire proprio dall’istituzione di un Provveditorato regionale competente solo per i due carceri di Trento e Bolzano, oggi sottoposti a un Provveditorato macro-regionale lontano dal territorio, che comprende anche Veneto e Friuli Venezia Giulia: lo chiedeva già una mozione approvato senza alcun voto contrario nel gennaio 2013 dal Consiglio regionale del Trentino - Alto Adige, ha ricordato l’avv. Fabio Valcanover di Nessuno tocchi Caino.

Le poche competenze legate al funzionamento della giustizia oggi domandate alla Regione trovano una soluzione più veloce. Vogliamo dare la possibilità di funzionamento al carcere di Trenta e a quello di Bolzano, sollecitati anche dal personale di polizia penitenziaria, facendo in modo che il desiderio espresso con un voto del Consiglio regionale possa realizzarsi.

Come arrivarci? “La strada più celere - indica Valcanover è l’interlocuzione con la Commissione dei Dodici”, che esprime pareri sulle norme di attuazione detto Statuto di Autonomia. È doloroso vedere uomini e donne ristretti così, è doloroso anche per chi svolge la funzione di contenimento - ha conclusa l’incontro Elisabetta Zamparutti ma è doloroso per chi ha il senso dello Stato di diritto: perché lì c’è il volto brutto dello Stato. A Spini di Gardolo le condizioni materiali erano migliori, ripeto, rispetto ad altre parti, ma dispiace vedere lo Stato presentarsi in questa maniera. Verrebbe da dire che il nostro Nessuno tocchi Caino, concepito per innalzare la soglia della dignità umana, anche di chi è Caino, sempre più in realtà riguarda lo Stato stesso, affinché - in nome delle giuste ragioni di Abele - il modo in cui fa giustizia non lo porti ad essere lui stesso Caino”. All’incontro a Trento ha portato il suo sentire la direttrice della Casa Circondariale di Spini di Gardolo, Annarita Nuzzaci. Sono intervenuti anche Veronica Manca, del direttivo della Camera Penale di Trento e membro dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane; Vanni Ceola, dell’Ordine degli Avvocati di Trento; Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino; Vincenzo Carbone, Presidente della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia e il senatore Marco Boato.