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di Dafne Roat

 

Corriere del Trentino, 14 novembre 2019

 

Udienza ad aprile. Archiviate quattro posizioni. Contestati i reati di incendio e danneggiamento. Per alcuni le accuse sono cadute in fase di indagini preliminari. Non avrebbero avuto alcun ruolo nella violenta rivolta in carcere a Spini di Gardolo del 22 dicembre scorso.

La Procura ha stralciato la posizione di quattro detenuti e ha chiesto l'archiviazione, poi accolta dal gip. Ma tutti gli altri detenuti che quel giorno erano all'interno delle sezioni messe a ferro e fuoco e accusati, chi di aver partecipato alla sommossa e chi di averla guidata, dovranno affrontare il giudizio davanti al giudice. L'udienza preliminare è fissata ad aprile.

Il procuratore Sandro Raimondi e il sostituto Antonella Nazzaro hanno firmato una richiesta di rinvio a giudizio per 81 persone, la maggior parte di origini tunisine, ma ci sono anche marocchini, albanesi e italiani. Una ventina di loro sono ancora detenuti nel carcere di Spini di Gardolo, ma per altre vicende giudiziarie.

L'impianto resta sostanzialmente lo stesso ipotizzato in fase di indagini. Nell'atto d'accusa vengono contestati i reati di danneggiamento, incendio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e lesioni, mentre è caduto quasi subito durante le prime fasi delle indagini il reato di sequestro di persona, ipotizzato in un primo momento per il blitz nella lavanderia.

In realtà pare che i detenuti volessero rinchiudersi per evitare il momento più critico della sommossa. Negli atti dell'indagine, condotta dalla polizia penitenziaria, si ricostruiscono i momenti salienti della rivolta scoppiata dopo la notizia, lanciata da un detenuto, impiegato nell'ufficio interno conti correnti, della morte di Sabri El Adibi, il trentaduenne di origini tunisine che si era tolto la vita.

Un gesto estremo avvenuto a pochi mesi dalla libertà che aveva scatenato la reazione dei compagni. Sono dieci, di cui la maggior parte tunisini e marocchini, i presunti promotori della sommossa individuati dalla Procura. Sarebbero stati loro a guidare la rivolta iniziata verso le 8.30 del mattino nella sezione G. Tutto era cominciato con una semplice battitura dei cancelli, un atto di protesta tipico nei carceri.

Ma mentre l'eco del ferro battuto diventava sempre più assordante dopo che un manipolo di cinque detenuti avevano incitato la rivolta. Erano le 9.10 del mattino, solo l'inizio. Poi era stata data alle fiamme una saletta ricreativa della sezione F.

Il fuoco e il fumo avevano invaso la sezione quando altri due detenuti con un asticella di metallo avevano distrutto una telecamere. Poi era stata la volta delle plafoniere e delle luci. In poche ore la rivolta aveva coinvolto anche le sezioni F al primo piano, poi al secondo la G e la H. Piatti e bombolette lanciate, le minacce. In poco tempo la guerriglia aveva assunto importanti proporzioni, sedata solo dopo una lunga giornata di trattative.