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di Cosimo Rossi

Il Giorno, 14 marzo 2024

Mauro Palma, dal 2016 al gennaio 2024 lei è stato il primo Garante nazionale delle persone private delle libertà: qual è l’ispirazione della Costituzione in tema di restrizione delle libertà, pene e detenzione trattate negli articoli 13 e 27?

“Bisogna innanzitutto inquadrarli negli artt. 2 e 3, che affermano la dignità della persona e il dovere di solidarietà, per capire l’inquadramento della pena nella Costituzione. Il primo comma dell’art. 13 afferma che la libertà è un bene ‘inviolabile’. Si può privarne qualcuno solo in presenza di una legge e di un giudice. Si tratta anche dell’unico articolo della Carta che prevede una punizione: per chi esercita ‘violenza fisica o morale’ su persone detenute. Questo rendeva incredibile che non ci fosse una legge sulla tortura in Italia: approvata solo nel 2017, dopo le condanne seguite soprattutto ai fatti del G8 di Genova”.

Che significa che le “devono tendere alla rieducazione del condannato” come dice l’art. 27?

“La sentenza 313/90 della Corte Costituzionale, estensore Ettore Gallo, chiarisce che finalità rieducativa non è qualcosa di aggiuntivo, ma il cardine della finalità della pena. Si tratta di un punto dirimente. Oggi, purtroppo, sembra che si sia tornati a considerare la finalità rieducativa come qualcosa di non strutturale. Le teorie sulla pena si dividono in due grandi famiglie. Quella strettamente retributiva, sanzionare il male commesso, e quella invece di tipo utilitaristico, per cui la pena deve avere un’utilità sociale. La giustizia cosiddetta ‘riparativa’ si pone il problema della situazione che il reato ha determinato: quindi non solo l’autore da sanzionare, ma anche la vittima e il contesto, per ricucire la lacerazione sociale determinata dal reato. Dato che le persone carcerate ritorneranno alla società, c’è tutto l’interesse a sposare linea utilitaristica”.

Alla luce del vecchio adagio di Voltaire, secondo cui la civiltà di un paese di misura dalle sue carceri, come sta l’Italia?

“Detto oggi ne usciremmo a pezzi. Viviamo uno dei momenti peggiori del sistema per numeri, suicidi e logica detentiva, a scapito delle misure alternative. Quello che preoccupa non è solo il numero totale, ma il ritmo di crescita. Anche nella logica di aumentare le carceri, nell’attesa che siano costruite cosa si fa?”.