sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Matteo Garavoglia

Il Manifesto, 13 agosto 2023

Lo sciopero delle panetterie e le file davanti ai negozi fanno temere il regime nuove rivolte come quelle viste nei primi anni 80. La Tunisia è attraversata da diverse crisi interne. Politiche, economiche, climatiche e sociali. In questi anni, ce n’è stata solo una potenzialmente capace di minare le fondamenta dello Stato e arrivare ai piani alti del palazzo presidenziale di Cartagine accendendo i timori di Kais Saied per possibili sommosse popolari. È la carenza del pane.

Oggi quella spia di allarme si è definitivamente illuminata. A segnalare che qualcosa nel paese sia definitivamente cambiato ci sono due momenti. Uno è lo sciopero nazionale convocato da alcune panetterie (poco più di 1400) dall’1 al 7 agosto scorso, culminato con una manifestazione a Tunisi di fronte al ministero del Commercio. Il secondo è rappresentato dalle code infinite createsi in queste settimane per comprare le baguette sovvenzionate dallo Stato al costo di 190 millesimi di dinaro [tredici millesimi di euro, ndr]. Dal centro della capitale alle sue periferie dove anche quel prezzo sta cominciando a diventare proibitivo, passando per gran parte delle città della costa e dell’entroterra, il pane sta diventando un elemento di preoccupazione. “Una volta con quel prezzo riuscivi a comprare una baguette vera, oggi sono sempre più piccole.

Questo succede quando le trovi perché sta diventando sempre più difficile. Nelle panetterie moderne ormai il pane costa un dinaro. È troppo per la mia famiglia”, sono le parole di Monia Ben Romdhane, insegnante di 42 anni, un figlio a carico e un marito che ormai da qualche mese sembra avere preso sempre di più la decisione di voler partire in Italia. “Noi viviamo a l’Ariana, poco fuori Tunisi. L’istituto di lingue dove lavoro non mi paga lo stipendio e mio marito non riesce a mantenerci con il suo stipendio di professore di liceo. Ogni giorno ci tolgono acqua ed elettricità. Cos’altro si può fare?”, conclude amareggiata Monia. Una volta la sua famiglia poteva essere considerata facente parte di una nuova classe media. Oggi la crisi colpisce tutti. Dalle sue parole si parte per capire anche come sono strutturate le sovvenzioni che riguardano il pane. Nonostante il prezzo delle baguette sia fissato a 190 millesimi, il suo costo reale è di 600. Dall’epoca dell’ex presidente Habib Bourguiba, lo Stato sovvenziona la farina, il cui grano tenero viene importato per il 95 per cento e dipende anche da Ucraina e Russia.

Successivamente viene trasformato in farina PS per il pane e in PS-7 (per la pasticceria). Alcune panetterie, circa 3200, sono adibite alla sola vendita di baguette sovvenzionate. Altre, dette moderne (più di 1400), possono produrre più tipi di pane e sono state accusate dalle autorità di usare la farina sovvenzionata insieme ad altri prodotti facendo aumentare il costo degli alimenti a 190 millesimi. “Questo ha fatto sì che a oggi in Tunisia esista un pane per i ricchi e uno per i poveri. Si tratta di una linea rossa che non può essere superata. C’è solo un tipo di pane e dev’essere a disposizione di tutti i tunisini. Ci sono alcune reti criminali che stanno approfittando della situazione”, sono state le parole pronunciate dal presidente della Repubblica Kais Saied il 27 luglio scorso, qualche giorno prima che licenziasse la prima ministra Najla Bouden Romdhane senza alcun tipo di preavviso. Diverse voci di palazzo hanno riportato che sia stato proprio questo l’elemento scatenante che ha portato a un cambio di governo a favore di Ahmed Hachani, dato molto vicino al responsabile di Cartagine.

Da qui è scattato lo sciopero di oltre 1400 panettiere moderne contro una decisione considerata ingiusta, ossia il divieto di accedere alla farina sovvenzionata. Da qui prendono forma anche le preoccupazioni del presidente.

Quando si parla di pane, la prima immagine che viene in mente sono gli scontri a cavallo tra il 1983 e 1984, quando a seguito di una richiesta del Fondo monetario internazionale (Fmi) per stabilizzare l’economia nazionale il governo annunciò l’aumento del prezzo del pane e di altri prodotti alimentari. Dalle zone più marginali le proteste arrivarono a Tunisi a inizio gennaio. Qualche giorno dopo il presidente della Repubblica Habib Bourguiba annunciò: “Tutti gli aumenti sono annullati. Dio benedica il popolo tunisino”.

Il bilancio finale fu tra i 70 e i 143 morti e migliaia di arresti. Una situazione che ricorda da vicino quello che sta succedendo oggi in Tunisia. Lo stesso Fmi è pronto ad aprire una linea di credito da 1,9 miliardi di dollari per rilanciare un’economia nazionale ormai al collasso. In cambio l’istituzione di Washington chiede importanti interventi tra cui l’eliminazione delle sovvenzioni sul pane. Una linea rossa che per il presidente della Repubblica Kais Saied non può essere superata nonostante la Tunisia rischi di dichiarare il default finanziario entro la fine del 2023.