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di Marina Della Croce

Il Manifesto, 19 luglio 2023

Non solo vittime della caccia al nero in corso da settimane in Tunisia, ma adesso i migranti deportati al confine con la Libia rischiano di diventare il pretesto di uno scontro tra i due paesi. Il ministro dell’Interno del Governo di unità nazionale di Tripoli ha infatti ordinato il pattugliamento della frontiera con la Tunisia per impedire che uomini, donne e bambini possano sconfinare entrando nel paese. Pattuglie armate sono state schierate in particolare nel tratto compreso tra Ras Jedir e Dehiba Wazen con il preciso compito di respingere ingressi non autorizzati. Una situazione che rende ancora più disperate le condizioni già difficili in cui sono costretti a sopravvivere centinaia di migranti, prima ammassati e poi abbandonati dalla polizia tunisina nel deserto senza cibo né acqua. E adesso anche senza più la speranza di poter trovare un minimo di assistenza dall’altra parte del confine.

Con i dovuti distinguo, quanto sta accadendo in queste ore alla frontiera tra i due paesi nordafricani assomiglia molto alle scene viste due anni fa al confine tra Bielorussia e Polonia, con in mezzo i migranti respinti e sorvegliati dai militari di entrambi gli Stati. La differenza è che mentre in nord Europa si moriva di freddo, in Nordafrica a uccidere è il caldo. La ong Alarm Phone parla di diversi decessi e molte urgenze mediche, rese più gravi dal fatto che le autorità sia libiche che tunisine si rifiuterebbero di prestare soccorso ai migranti. E una situazione analoga si sta verificando anche al confine tra Tunisia e Algeria.

Il paradosso è che sia la Tunisia che la Libia ricevono mezzi e finanziamenti dall’Unione europea per bloccare i migranti che tentano di arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo. Solo domenica scorsa la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen insieme alla premier Giorgia Meloni e al primo ministro olandese Mark Rutte ha firmato un Memorandum d’intesa con il presidente tunisino Kais Saied il cui scopo principale è proprio quello di mettere un argine ai viaggi verso l’Italia. Per questo Bruxelles si è impegnata a versare 105 milioni di euro alla Tunisia per la gestione delle frontiere più altri 150 milioni a sostegno del bilancio tunisino. In cambio solo un generico e vago impegno al rispetto di quanto previsto dal diritto internazionale.

La tensione tra i due Stati africani stava salendo già da alcuni giorni, in particolare da quando centinaia di migranti sono stati abbandonati dalla polizia tunisina nella terra di nessuno che divide i due confini. Attraverso il direttore del valico di frontiera. il generale Abdelsalam al Omrani, la Libia aveva chiesto alle autorità tunisine di “rimuovere i rifugiati che si sono infiltrati al valico libico”, mentre da Tripoli si prometteva l’invio di rinforzi per il controllo della frontiera. Sia a Ras Jadir che al confine con l’Algeria i migranti sono sorvegliati da forze armate dei vari paesi che impediscono loro ogni via di fuga. L’associazione, che da due settimane riceve richieste di aiuto da parte di quanti sono bloccati ai confini, ha anche denunciato di aver chiesto l’intervento di Unhcr e Oim - entrambe organizzazioni delle Nazioni unite - senza però ricevere alcuna risposta, mentre in alcune aree l’intervento della Mezzaluna rossa tunisina sarebbe stato subordinato all’accettazione dei rimpatri volontari.

Secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali tra i 100 e i 150 migranti, tra cui donne e bambini, sono ancora bloccati al confine con la Libia e altri 165 circa sono stati prelevati vicino al confine con l’Algeria. “I migranti vengono trasferiti da un luogo all’altro - ha detto il portavoce del Forum, Rondane Ben Amor - mentre altri gruppi si nascondono in condizioni catastrofiche per paura di essere scoperti e subire la stessa sorte di quelli bloccati ai confini”.