sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Dimitri Bettoni

Il Manifesto, 30 settembre 2023

Il filantropo sconterà la condanna in isolamento. Il processo contro di lui in violazione dei principi della Cedu, condannato anche dalle Nazioni unite. La terza camera dell’alta Corte di appello ha confermato, il 28 settembre scorso, la pena all’ergastolo aggravato per il filantropo turco Osman Kavala, condannato nell’aprile dell’anno scorso al termine di un processo durato ben sei anni e travagliato da numerose irregolarità, a cominciare dagli oltre 20 mesi di detenzione preventiva con cui questa vicenda è cominciata.

I giudici hanno ritenuto valide le accuse secondo cui Kavala avrebbe organizzato e finanziato le rivolte di Gezi Park, avvenute tra maggio e luglio 2013, nonché sostenuto il tentato golpe del 15 luglio 2016.

Kavala avrebbe così tentato di rovesciare il governo e per questo gli è stato comminato il carcere a vita. Aggravato, ovvero senza poter sperare di beneficiare di sconti di pena, amnistie o perdono presidenziale, e sempre in isolamento. 18 sono invece gli anni di carcere confermati a carico dell’avvocato Can Atalay e per Tayfun Kahraman, Mine Özerden e Çigdem Mater Utku, accusati di aver sostenuto Kavala nell’impresa.

Gli avvocati difensori hanno ribadito la posizione secondo cui le accuse delle autorità inquirenti non hanno fornito alcuna prova concreta a sostegno delle pesanti accuse che Kavala stesso aveva definito “pura fiction”. Amnesty, che monitora il processo fin dalle sue prime battute, ha dichiarato che Kavala è stato arbitrariamente incarcerato a causa del suo attivismo, ec che questo processo ha apertamente violato il sistema di protezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu). La decisione della Corte di Strasburgo del 2019 ha infatti imposto il rilascio dell’uomo, ma è rimasta inascoltata sino ad oggi da ogni grado del sistema giudiziario turco, tanto da destare un’allarmata reazione nel 2021 anche da parte delle Nazioni unite, preoccupate da come l’atteggiamento dei tribunali turchi stia minando alla base i meccanismi di giustizia internazionali.

In un incontro a porte chiuse raccontato in un report del 2022 di Article19, organizzazione che si occupa di diritto legale, alcuni giudici della Corte costituzionale ribadirono la loro opinione per cui la Corte non avrebbe alcun obbligo di aderire alle sentenze della Cedu.

Il caso Kavala è un processo dove leggi e procedure, e il senso di giustizia, cedono il passo alle volontà politiche e vendicative di un governo che attraverso Kavala ha deciso di dettare l’esempio e scongiurare un Gezi 2.0, il cui spirito a 10 anni di distanza sopravvive nell’immaginario di opposizioni politiche e civili pur sfiancate da anni di repressione e abusi.

Vale oggi la pena ricordare, trascorsa ormai una decade, quali furono le richieste avanzate al governo di allora, che poi è lo stesso di oggi, dalla piattaforma Taksim Dayanısması, attorno a cui si coagulò buona parte dell’eterogeneo movimento Gezi: la preservazione del parco, la fine della violenza della polizia, il rispetto del della libertà di riunione, il perseguimento dei responsabili delle violenze contro i manifestanti, la fine della svendita di spazi pubblici e risorse naturali a privati, il diritto di esprimere bisogni e lamentele senza subire arresto o tortura, la tutela di media il cui dovere è verso il bene pubblico e l’informazione corretta, la contestazione di alcuni megaprogetti che, poi effettivamente realizzati, hanno sconvolto il volto della metropoli sul Bosforo. Questo ergastolo significa imprigionare per sempre un uomo in carne ed ossa, con tutta la sua umanità, e allo stesso tempo queste richieste, entro cui si condensa Gezi Ruhu, lo Spirito di Gezi.