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di Francesco Grignetti e Francesco Olivo

La Stampa, 20 febbraio 2024

La presidente della Commissione: “Impresentabili i familiari fino al quarto grado”. Una battaglia di principio che diventa politica. La proposta di includere tra gli “impresentabili” anche i parenti dei mafiosi divide la maggioranza. La presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo non intende tornare indietro sulla sua idea, nonostante le tante perplessità suscitate tra gli alleati. Forza Italia non nasconde i tanti dubbi, anche se in maggioranza si sta lavorando per evitare spaccature pubbliche. Il dato di partenza di Colosimo è questo: “Il vincolo familistico è centrale nella lotta alla criminalità organizzata quindi per me deve valere anche per i candidati”. Il punto, però, è che la misura potrebbe coinvolgere i parenti fino al quarto grado, troppo secondo i berlusconiani.

“Così come noi rifiutiamo la logica che il sospetto è l’anticamera della verità, a maggior ragione non possiamo far discendere la qualità civica di una persona da una parentela, per giunta lontanissima”, dice Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, di Forza Italia. Dal fronte garantista si muovono obiezioni pesanti: “Non sta costituzionalmente né in cielo né in terra” sbotta Enrico Costa di Azione. Secondo la deputata di FdI il tema è decisivo nel contrasto alla criminalità organizzata: “Purtroppo ci sono decine e decine di casi in questo senso, come il boss che a Caivano ha candidato il fratello - ha detto -. Non voglio dire che se hai un determinato cognome non sei candidabile, ma se non hai rotto i legami con quella famiglia tu non sei candidabile. Il vincolo familistico, fino al quarto grado, è centrale nella lotta alla criminalità organizzata, quindi valga anche per i candidati”.

Colosimo ha risposto alle obiezioni: “Ho letto reazioni scandalizzate, ma oggi il controllo sulla parentela fino al quarto grado avviene regolarmente anche per le vittime di mafia e i testimoni di giustizia - dice in un discorso in occasione del venticinquesimo anniversario del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria -. E se vale per loro, qualcuno mi deve spiegare perché non deve valere per i candidati”. Colosimo sintetizza così: “Se sei nato in una ‘ndrina e l’hai rifiutata sei un esempio, se in quella ‘ndrina sei rimasto è giusto che tu non stia nella cosa pubblica. Servono messaggi semplici per realtà complesse”.

Su questo punto le obiezioni sono forti: “Quale sarà il tribunale che prenderà una decisione così profondamente politica? - si domanda Mulè -, e cioè se il parente alla lontana, ha preso le distanze oppure no?”. La battaglia degli azzurri resta però, per il momento soltanto di principio, anche perché nel corso dell’ufficio di presidenza della Commissione Antimafia non ci sono state obiezioni e quindi il provvedimento non dovrebbe avere problemi nel corso del suo iter. Il vicepresidente Mauro D’Attis sceglie la cautela: “Non si può condannare a prescindere, ma è giusto che chi ha parenti condannati in via definitiva debba subire dei controlli più approfonditi, che peraltro già ci sono”.

Le storture sono dietro l’angolo, D’Attis racconta degli esempi: “Quando abbiamo candidato Raffaele Di Mauro a sindaco di Foggia, c’è chi tirò fuori la storia di uno zio acquisito di sua moglie, ucciso trent’anni prima in un omicidio di mafia. Lui, ovviamente, non c’entrava nulla con quella persona, ma un giornale titolò “Il numero due dell’Antimafia candida il parente del boss”. Insomma, bisogna essere sempre cauti”.

Il suo collega Pietro Pittalis, capogruppo in commissione Giustizia, aggiunge: “Comprendo la preoccupazione di Colosimo, la lotta alla mafia è centrale, ma bisogna dimostrare il collegamento prima di procedere a una misura interdittiva. Questa attività è svolta già dalle prefetture, quindi non c’è scandalo nella proposta”. La commissione Antimafia, intanto, potrebbe presto allargare i suoi poteri. Sul tavolo c’è la proposta di estendere ai dirigenti le restrizioni dei comuni sciolti per mafia, che attualmente sono limitate ai politici.