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di Fabio Fazio

Oggi, 5 gennaio 2023

Ottantaquattro è il numero che ha chiuso il 2022. Un detenuto bengalese di 30 anni, che si è impiccato nel carcere di Rebibbia, era l’ottantaduesimo suicida dall’inizio dell’anno. Sarebbe uscito a luglio, gli mancavano pochi mesi. Ma non è un fatto inusuale.

Sono molti coloro che crollano proprio alla fine del percorso, a pochi metri dal traguardo. Non è logico, lo so, ma niente è logico quando si parla di carcerazione. Era stato riportato in carcere per scontare un residuo di pena dopo la sentenza di appello. Due anni per concorso in rapina.

A fine ottobre, a Torino, un uomo poco più che trentenne si ammazzò all’indomani dell’arresto per il furto di un paio di cuffiette, di auricolari. Basta poco per andare in galera e la galera è quanto di più innaturale possa esserci per un essere umano. Difficile da sopportare soprattutto per chi è fragile. La gran parte dei detenuti, almeno la metà, è in carcere in attesa di giudizio.

Una percentuale altissima è costituita da tossicodipendenti e moltissimi dei suicidi sono persone con problemi psichici o senza fissa dimora. Sono persone che andrebbero curate più che detenute. Al carcere si chiede di svolgere un ruolo difficilissimo ai limiti dell’impossibile. Nel corso del 2022 si sono suicidati anche cinque agenti penitenziari. In prigione ci si ammazza circa 20 volte di più che nella vita libera. Molti istituti sono fatiscenti, fuori dal tempo e quasi tutti sovraffollati.

La violenza è inevitabile. C’è un problema addirittura di lingua e dunque di comunicazione perché la maggior parte dei detenuti è composta da extracomunitari. Sono luoghi di sofferenza enorme e gli ottantatré suicidi di quest’anno lo stanno a dimostrare. Ottantatré: il numero più alto degli ultimi dieci anni. Chi invoca la galera come soluzione ai problemi di sicurezza dei cittadini perbene, non sa quel che dice. Il carcere è una sconfitta per tutta la società.

È una istituzione che non si è mai evoluta nel corso dei secoli. Chiudere in gabbia un essere umano implica una responsabilità enorme e dovrebbe essere una soluzione limite. Speriamo che il Ministro Nordio si adoperi per incentivare misure alternative alla detenzione e che il tema delle carceri sia affrontato nella sua complessità.

So bene che quello dei diritti dei carcerati è uno degli argomenti più impopolari che si possano affrontare ma far finta di niente dovrebbe essere, quello sì, un reato. Infine, secondo l’associazione Antigone, alla fine dello scorso giugno nelle carceri italiane c’erano anche 24 donne con figli detenuti assieme a loro: 25; 24 donne con 25 bambini, in carcere.