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di Jacopo Iacoboni

La Stampa, 22 giugno 2022

Così la Russia rischia il processo per genocidio. I numeri comunicati dal Cremlino addirittura più alti di quelli Onu. Per Mosca è “evacuazione umanitaria”. Londra sanziona per “trattamento barbaro dei bambini” l’alta burocrate russa ritenuta dietro all’operazione. E una senatrice promette campi estivi per russificare la lingua dei bimbi ucraini dai “territori liberati”.

L’altra sera, sulla tv ufficiale del Cremlino, Rossiya1, l’anchorman più amato da Putin, Vladimir Solovyov, ha vantato questi numeri su quelli che ha chiamato “ricollocamenti” o “evacuazioni” di cittadini ucraini in Russia: il numero totale è di 1,9 milioni, di cui 307 mila bambini. Il dato dell’Onu è addirittura inferiore: in totale 1.230.800 ucraini, numero di bambini imprecisato. I russi, ancora una volta, sono paradossalmente sinceri. Esibiscono ormai direttamente quello che fanno, basta sostituire la parola “ricollocamenti” con un’altra: deportazioni. Anche di bambini.

Che lo dicano, però, potrebbe portarli a processo a L’Aja. Kevin Rothrock, di Meduza, spiega che “Mosca la presenta come un’impresa umanitaria, ma l’ammissione potrebbe servire come prova in un processo per genocidio, un giorno”. Secondo la Convenzione sul Genocidio, 1948, Articolo II sezione E, separare bambini dai genitori configura giuridicamente il reato internazionale di “genocidio”. Naturalmente bisogna dimostrare che oltre al fatto, ci sia l’intenzione. E qui diversi tra propagandisti, ufficiali, alti dirigenti del Cremlino, stanno dando spontaneamente una mano. Il 13 aprile, parlando al Consiglio federale, la senatrice Lilia Gumerova si è mostrata inorridita per il fatto che molti dei bambini ucraini “dei territori liberati” - la neolingua del Cremlino chiama così le regioni e città invase e rase al suolo - non parlino correntemente il russo. Gumerova ha promesso l’organizzazione di scuole estive per liberare le loro lingue. Esiste il video. Deportazione e intenzione.

Interfax, l’agenzia di Stato russa, ha fornito altri futuri documenti processuali utili, raccontando così il ritmo con cui procede la deportazione dei bambini: le “evacuazioni” sono cominciate “dalla fine di febbraio da regioni pericolose (testuale) dell’Ucraina, le Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Nonostante tutte le difficoltà create dalle autorità di Kiev, nelle ultime 24 ore, senza la partecipazione della parte ucraina, 29.733 persone, di cui 3.502 bambini, sono state evacuate nel territorio della Federazione Russa dalle regioni pericolose dell’Ucraina e del Donbass. Un totale di 1.936.911 persone dall’inizio dell’operazione militare speciale, di cui 307.423 sono bambini”, ha detto Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale della Federazione Russa. Mizintsev ha anche parlato dell’esistenza di un database russo - orrore - che conterrebbe oltre 2,7 milioni di domande di coloro che desiderano trasferirsi in Russia da oltre duemila insediamenti in Ucraina e nei territori della Dpr e della Lpr controllati da Kiev. Immaginiamo quanto spontaneamente lo desiderino.

Non è l’unico ufficiale russo che si sta consegnando alla futura Corte Penale Internazionale. C’è una donna che sta presiedendo all’operazione-bambini. E ormai fa parte della lista di oligarchi o alti burocrati statuali russi sanzionati in Occidente: è stata appena colpita dalle sanzioni britanniche per “trattamento barbaro dei bambini in Ucraina”. Si chiama Maria Lvova-Belova, e secondo il Regno Unito è la “mente” dietro un oscuro programma di rapimenti. Lvova-Belova è accusata dall’Ucraina di aver organizzato la cattura di oltre duemila bambini vulnerabili prelevati violentemente dalle regioni di Luhansk e Donetsk e di aver orchestrato una nuova politica per facilitare le loro adozioni forzate in Russia. Secondo gli ucraini, Lvova-Belova supervisiona personalmente il lavoro del centro di raccolta “Romashka” per bambini a Rostov, in Russia, utilizzato come hub temporaneo per alcuni dei bambini ucraini deportati, e geolocalizzato da diverse fonti open source. Se sia possibile definirlo campo di concentramento saranno i tribunali a deciderlo. Secondo il consigliere del sindaco di Mariupol, i bambini deportati da quella città massacrata sono detenuti lì, nel villaggio di Zolota Kosa.

Anastasjia Lapatina, del Kyiv Independent, riporta che “gli occupanti di Kherson hanno detto che tutti i bambini nati lì dopo il 24 febbraio, così come gli orfani, riceveranno automaticamente la cittadinanza russa”. Deportazioni e rapimenti si inquadrano in un processo che, secondo il Kyiv Independent, ha portato quasi due terzi dei bambini ucraini a esser stati sfollati internamente o a esser fuggiti dal Paese. Afshan Khan, direttore dell’Unicef per l’Europa e l’Asia centrale, ha dichiarato che “i numeri sono sbalorditivi”. La sfida logistica, come in ogni genocidio, è enorme. Il crimine richiede la sua macchina industriale. Il 25 maggio Putin stesso ha firmato un decreto che consente il conferimento semplificato della cittadinanza russa per chi risiede a Kherson e Zaporizhia.

A Kiev, per i diritti dei bambini, arrivano attori americani, Sean Penn, Angelina Jolie, ultimo Ben Stiller. Ma la macchina della morte e della deportazione lavora incessante. Si parla tanto delle frasi di Dmitry Medvedev, ma un suo collega dello Stato russo, il capo dell’agenzia spaziale Roscosmos, Dmitry Rogozin, ha teorizzato su Twitter: “Se non mettiamo la parola fine, perché purtroppo i nostri nonni non li hanno eliminati, dovremo morire”. Il tweet è stato cancellato solo dopo sei giorni da Twitter. Nel frattempo Valentina Matvienko, ultra putiniana presidente del Senato russo, con villa milionaria sequestrata a Pesaro, annuncia che spedirà ai bambini nelle repubbliche filorusse poesie per ragazzi di Agniya Barto, favole del poeta Ivan Krylov e libri russi di storia. Non li stanno deportando, li stanno evacuando e rieducando.