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di Francesco Semprini

La Stampa, 6 giugno 2022

L’allarme dell’Interpol e i casi del passato: “Plausibile aspettarsi un afflusso di armi in Europa e oltre. E i gruppi criminali cercano di sfruttare le situazioni caotiche”. Per l’Interpol esiste il rischio concreto che un congruo numero delle armi inviate in Ucraina sia destinato a finire nell’economia sommersa globale e nelle mani della malavita.

A dirlo è il capo dell’organizzazione internazionale di polizia criminale Jürgen Stock, il quale afferma che una volta terminato il conflitto, un’ondata di armi più o meno pesanti inonderà il mercato internazionale. Pertanto, ha esortato gli Stati membri dell’Interpol, in particolare quelli che forniscono armi, a cooperare sulla ricerca delle armi. “Una volta che le armi tacciono una parte diventeranno illegali. Lo sappiamo da molti altri teatri di conflitto. Anche adesso, mentre parliamo, i criminali si stanno concentrando su di loro” ha spiegato Stock intervenendo all’Anglo-American Press Association di Parigi. “I gruppi criminali cercano di sfruttare le situazioni caotiche e la disponibilità di armi, anche quelle usate dai militari e comprese le armi pesanti. - prosegue il leader di Interpol - Nessun paese o regione può affrontare da solo tale rischio perché questi gruppi operano a livello globale”.

Secondo Stock è plausibile “aspettarsi un afflusso di armi in Europa e oltre”. L’Interpol ha esortato i Paesi membri a utilizzare i loro database per aiutare a “tracciare e rintracciare” le armi. “Siamo in contatto con i con ognuno dei governi interessati per incoraggiarli a utilizzare questi strumenti. I criminali sono ricettivi a tutti i tipi di armi, praticamente tutte le armi che possono essere trasportate potrebbero essere utilizzate per scopi criminali”. Un allarme che assume rilievo specie alla luce degli ultimi invii fatti da Usa e alleati Europei verso Kiev. Si tratta del resto di un fenomeno noto, dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Afghanistan nel 2021, al termine di una missione datata venti anni, enormi quantità di equipaggiamenti militari spesso altamente sofisticati sono stati lasciati indietro e sono finiti nelle mani dei talebani. Ancora prima, durante l’epopea dello Stato islamico, i jihadisti ricevevano approvvigionamenti dalla polveriera dei Balcani. E già ora, in base ad alcuni video circolati in rete, dalla Siria sono arrivati in Ucraina acquirenti potenziali agevolati nelle loro rotte dal passaggio in Turchia. “Negli ultimi trent’anni in Europa, gruppi criminali organizzati e strutture mafiose transnazionali, così come gruppi terroristici di diverse matrici ideologiche, si sono riforniti all’interno delle reti del mercato nero delle armi da fuoco ed esplosivi provenienti dalla guerra civile e dai conflitti secessionisti nell’ex-Jugoslavia, come emerso recentemente nella conferenza internazionale sul fenomeno tenutasi presso Europol” spiega il professor Arije Antinori, esperto europeo di comunicazione strategica, terrorismo e criminalità organizzata. “L’invasione militare russa dell’Ucraina ha ormai saturato l’informazione quotidiana. Si richiama spesso, quindi, la centralità del tema della sicurezza in Europa nel corso del conflitto e a seguito dell’auspicabile termine dello stesso - prosegue Antinori -. Tuttavia, il grande assente nel dibattito, tanto pubblico quanto istituzionale, è la minaccia costante delle entità asimmetriche ormai ampiamente presenti e sempre più transnazionali nel continente”.

Per questo, lo scenario ucraino può rappresentare un enorme bacino di approvvigionamento militare nel cuore dell’Europa, tra l’altro con armamenti ben più efficaci rispetto a quelli tradizionalmente rinvenuti come AK 47, Uzi, AR15 e M12, per non parlare degli esplosivi di nuova generazione. “Occorre mantenere l’attenzione alta sui fenomeni criminali complessi che si sono resi protagonisti negli ultimi anni di numerosi attacchi negli Stati Membri, come quello di un jihadismo che attualmente appare in fase silente di riposizionamento e contaminazione ma che deve essere tenuto sotto osservazione” sottolinea Antinori. Uno sforzo in questa direzione è costituito dalla conferenza che si tiene oggi lunedì 6 giugno a Firenze dal titolo “Prevenzione della radicalizzazione e dialogo interreligioso. Per una società più sicura e inclusiva” presso la sede dell’Istituto Sangalli, in Piazza di San Firenze 3 a Firenze, ultimo atto del primo triennio del progetto “Formare per conoscere. Religioni e cittadinanza”. (https://www.istitutosangalli.it/wp-content/uploads/2022/06/Locandina-Prevenzione-radicalizzazione-e-dialogo.pdf). Un’intera giornata dedicata ai temi della prevenzione e del contrasto della radicalizzazione violenta, all’importanza del dialogo tra religioni e della conoscenza dei fondamenti delle fedi religiose, all’insegna dell’inclusione e della sicurezza sociale, con una particolare attenzione al rapporto con l’ambito delle carceri e con le forze dell’ordine, polizia e carabinieri in primis, altro punto qualificante della terza edizione del progetto co-finanziato da Fondazione CR Firenze, in collaborazione con l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia.