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di Luciana Littizzetto

twitter.com/chetempochefa, 18 marzo 2024

Caro Carlo Nordio … devoto ministro della Repubblica italiana. Tu siedi dietro una scrivania che è riuscita a passare da Togliatti a Bonafede. È quindi con tutta la delicatezza che posso questa sera vorrei parlarti di carcere. Il tema più impopolare che ci sia in questo Paese. Se ti proponessi: “Ministro, facciamo un bel dibattito sull’uso delle nacchere nella musica calabrese” riempiremmo i palasport. E invece solo a sentire la parola “carcere” il cervello della gente si affloscia.

Questa settimana purtroppo un altro ragazzo si è tolto la vita. Sono già 26 i suicidi nei primi 72 giorni di questo 2024, uno ogni tre giorni. Dati tra i più alti di sempre. Ma in carcere non muoiono soltanto i detenuti, ma anche i dipendenti del corpo di polizia penitenziaria. Dall’inizio dell’anno sono tre. Perché non si muore solo in carcere: si muore anche di carcere. Ma di questo pare che non gliene freghi una beata toga a nessuno.

Caro Nordio. Ti scrivo perché sento che questa è una vera e propria crisi umanitaria. Non ho una soluzione, ma so che qualcosa si può e si deve fare. In carcere ci vanno i cattivi, quelli che hanno sbagliato, che fatto del male e che devono pagare per fare giustizia alle vittime della loro prepotenza e della loro violenza e tutti noi vogliamo tornare a casa tranquilli e non vivere come dentro “I guerrieri della notte”. Però non basta stipare le mele marce e poi dimenticarsene. Ce ne siamo già dimenticati prima, di loro, e forse per questo sono finiti così. Un detenuto è un problema di tutta la società, non solo di quelli che in carcere ci lavorano. E non mi si dica che sono buonista. Al contrario. Sono egoista.