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di Mauro Magatti

Corriere della Sera, 13 agosto 2024

La ludopatia è arrivata a livelli preoccupanti: nel 2023 gli italiani, neonati inclusi, hanno giocato 2.488 euro a testa. E nel nostro Paese le persone con un problema di dipendenza sono 300 mila. Il governo deve intervenire. In tempi di Olimpiadi - la grande festa mondiale dello sport, con la sua enorme carica di positività - vale la pena richiamare l’attenzione anche su un’altra forma di gioco, purtroppo tossica e disgregativa. Parlo del gioco d’azzardo, che costituisce un fenomeno di dimensioni davvero impressionanti.

Secondo gli ultimi dati, la spesa totale ha raggiunto nel 2023 la cifra di 147,7 miliardi (50% online), pari all’89% della spesa alimentare e più della spesa sanitaria (che nel 2023 è stata di 131,1 miliardi). E le previsioni parlano di 250 miliardi nel 2030 (di cui 2/3 online). In termini procapite, gli italiani, neonati inclusi, nel 2023 hanno giocato 2.488 euro a testa.

Il fenomeno è diffuso e variegato. L’offerta è ampissima e in continua espansione: ci sono 55 diverse tipologie di lotterie istantanee, 47 tipologie di “gratta e vinci” online, oltre a 310.953 Slot e Vlt e 200 sale bingo sparse sul territorio nazionale. In Italia sono aperti oltre 15 milioni di conti gioco. E grazie al gioco on line cresce la quota di giovani coinvolti. In una ricerca svolta a Modena risulta che il 41% dei giovani ha avuto qualche esperienza con il gioco, dal gratta e vinci all’online. Nella fascia 14-18, il 4% ha un conto on line attivo e il 9% vorrebbe averlo.

Le conseguenze sociali del gioco d’azzardo (isolamento sociale, difficoltà nel gestire il quotidiano, malessere, ansia) diventano drammatiche con le ludopatie. Secondo il Dipartimento delle Politiche Antidroga gli italiani con un problema di dipendenza da gioco non sono meno di 300.000 persone.

In un Paese con debito pubblico stratosferico, con 5 milioni di poveri e disuguaglianze sociali e territoriali molto ampie, il gioco d’azzardo sembra aver preso il posto della lotta di classe. Abbandonato al suo destino, sfiduciato verso la politica e i sindacati, il “giocatore” - che ha un profilo socioculturale medio-basso - sogna di trovare nel gioco la soluzione ai propri problemi. E pazienza se i soldi che gioca peggiorano ancora di più la sua situazione concreta. Meglio coltivare la speranza di un colpo fortuna. Che magari non arriverà, ma almeno aiuta a tirare avanti. Gli operatori raccontano di casi in cui si arriva a giocare il sussidio per il figlio disabile.

Si spende molto di più nel sud economicamente stagnante che nel nord produttivo. Con il primato di Isernia, dove la spesa supera i 4.000 euro medi procapite. Mentre Palermo, Napoli, Bari e Roma fanno registrare un valore medio doppio rispetto a Milano.

Per cominciare a cambiare direzione è prima di tutto necessario riconoscere che si tratta di un problema sociale rilevante. Affermazione che gli operatori del settore contestano, in nome della libertà individuale e dei posti di lavoro creati.

Ma, a parte i timori sugli investimenti illeciti che questi settore solleva, rimane la domanda sul tipo di Pil che vogliamo realizzare. Come affermò in un celebre discorso Robert Kennedy, “il Pil …misura qualsiasi cosa - anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana - eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Se non fossero risucchiati nel buco nero del gioco, i 150 miliardi spesi nel gioco entrerebbero ugualmente nel circuito economico, in attività più positive per i cittadini e la collettività.

Fino a oggi lo stato italiano è stato molto tiepido sul tema. Anche perché per anni ne ha tratto significativi vantaggi fiscali. Ma, ora, con l’espansione del gioco on line, è venuto il momento di agire. Un dato è illuminante: nonostante i volumi di giocato complessivo siano aumentati del 37% dal 2019 al 2023, le entrate erariali sono rimaste sostanzialmente stabili (+2,5%). Ad aumentare sono stati soli i costi che lo Stato deve sostenere per contrastare i danni sociali della ludopatia. Se mai c’è stato un (discutibile) interesse legato all’erario, oggi non è più vero. Bisogna agire, e si può cominciare con tre passi concreti e fattibili.

Serve prima di tutto una legge quadro che precisi i termini di una relazione caratterizzata da una forte ambiguità. Come in altri campi, occorre almeno regolare la pubblicità superando espressioni come “gioco responsabile”, evidentemente fuorvianti. Non si può sottacere il fatto che esistono strategie di marketing miranti a aumentare la dipendenza. E poi va ricostituito l’osservatorio nazionale per il contrasto alla diffusione dell’azzardo e della dipendenza grave presso il Ministero della Sanità, in modo da avere una fotografia aggiornata e approfondita della situazione.