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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 18 novembre 2023

Tutti dentro. Il ministro “garantista” non si trova. E i veri nodi di giustizia e sicurezza restano irrisolti. Dov’è Nordio? La domanda rimbalza tra i parlamentari dell’opposizione, quando ormai dall’annuncio del nuovo pacchetto sicurezza sono passate ventiquattro ore, del Guardasigilli non sembra esserci traccia. Già giovedì pomeriggio, dopo il consiglio dei ministri, a illustrare e a compiacersi della stretta repressiva c’era il solo Piantedosi, ben lieto di entrare nei dettagli e di circostanziare le varie misure. Meloni era assente giustificata - trasferta in Croazia - ma il ministro della Giustizia non si è presentato senza fornire alcuna giustificazione.

E nessuno ha la più pallida idea di cosa pensi delle ultime notizie, anche perché tutti ricordano cosa disse all’indomani del suo giuramento al Quirinale, un anno fa: “La velocizzazione della giustizia transita attraverso una forte depenalizzazione, quindi una riduzione dei reati”. Peccato che da quel dì il governo di cui è ministro (incidentalmente proprio della Giustizia) non abbia fatto altro che inventare nuovi reati e alzare le pene di quelli già esistenti.

“Sarei curioso di conoscere gli interventi del ministro Nordio in Consiglio dei ministri - scrive su X l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando -, ogni volta che in quel consesso si introduce un nuovo reato e si aumentano le pene edittali, facendo esattamente il contrario di quello che lui ha annunciato e sostenuto (sempre meno)”. Un concetto simile lo esprime anche Enrico Costa di Azione: “Nuovi reati, pene più alte, stretta sui differimenti dell’esecuzione delle pene. E ad illustrare il tutto il Ministro dell’Interno. Qualcuno avvisi Nordio”.

Del resto dal Consiglio dei ministri Nordio è uscito a mani vuote, oltre che sconfitto nelle sue convinzioni (se tali le vogliamo considerare) garantiste: sulla giustizia non c’è un bel niente infatti. “Il governo non fa nulla per far funzionare la giustizia, non assume personale amministrativo, sembra lasciare naufragare il processo penale telematico - spiega Ciccio Zaccaro, segretario di Area democratica per la giustizia -. La mancanza di risorse e di investimenti danneggia i cittadini più deboli perché sono quelli che possono trovare tutela sono nei tribunali e delegittima la giurisdizione, più delle polemiche politiche, perché non le consente di difendere i diritti e le garanzie”.

È assai improbabile che, nel compilare questo ennesimo pacchetto sicurezza, il governo abbia pensato a diritti e garanzie, ma più semplicemente a dare l’idea che le città siano più sicure. Zaccaro però smonta anche questo punto: “Non nego che ci sia una percezione di insicurezza, esasperata dalla propaganda politica, ma l’esperienza insegna che le città diventano più sicure se sono più accoglienti, più vive, più illuminate e non minacciando pene o perseguitando i mendicanti”.

Da Zagabria, comunque, la premier Giorgia Meloni continua a dirsi molto soddisfatta, anzi “orgogliosa”, e sottolinea come una grossa parte del nuovo pacchetto sia stata dedicata a “consentire alle forze dell’ordine di essere tutelate anche nella dignità del lavoro che fanno”. Un messaggio anche morale: “È importante per le persone che difendono la nostra sicurezza sapere che lo Stato riconosce il valore di quello che stanno facendo, spesso in condizioni non facilissime”. Da qui l’inasprimento delle pene per aggressione, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Ma anche un miliardo e mezzo di euro da mettere sul piatto per rinnovare il personale.

In realtà i veri problemi del comparto restano inevasi: il precariato continua ad essere prevalente e, anche a proposito di dignità, non si affronta quella che è la prima causa di morte non naturale tra gli uomini e le donne in divisa: il suicidio (72 casi nel 2022), là dove, sottolineano i criminologi, “il tasso di depressione è cinque volte più alto che tra i civili”.

Su questi elementi tante associazioni e sindacati riflettono e discutono ormai da anni, nel sostanziale disinteresse di chi dice di volerne tutelare la dignità. Forse perché si tratta di temi che non godono di grande considerazione nei talk show, cioè tra i veri cattivi maestri che ispirano le strette repressive. In quest’ottica funziona molto di più la decisione di consentire a poliziotti, carabinieri, soldati e marinai di poter girare dopo il lavoro con addosso una pistola diversa da quella di servizio.

Ma è solo un dettaglio, in fondo, il piatto forte resta il miliardo e mezzo da destinare al “rinnovamento del personale” delle forze armate, come chiesto a più riprese dal ministro Crosetto. Si verrà così a creare almeno l’embrione di quella riserva che servirà a rendere il nostro paese più simile alla Svizzera e a Israele, con decine di migliaia di cittadini pronti a imbracciare le armi in caso di bisogno. È la tesi che Crosetto ha detto ai parlamentari dieci giorni fa: “Bisogna prepararsi al peggior scenario possibile”.