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di Giovanni Maria Jacobazzi

Il Dubbio, 4 dicembre 2023

Il volume offre interessanti spunti di riflessione su un argomento oggetto di discussione da oltre trenta anni, contribuendo a sfatare alcuni miti secondo cui, ad esempio, con la separazione delle carriere il pm sarebbe controllato dal politico di turno, oppure si trasformerebbe in una specie di super poliziotto.

I magistrati, come è noto, sono da sempre contrari alla separazione delle carriere. L’unicità della giurisdizione è uno dei cardini del nostro sistema processuale e separare le carriere fra pm e giudici, ripetono spesso, significherebbe mettere in crisi “lo stato di diritto”, aprendo a scenari quanto mai rischiosi per la democrazia, soprattutto per la tutela dei diritti e delle garanzie del cittadino. Fa indubbiamente un certo effetto allora leggere un libro scritto da un pubblico ministero che si dichiara “favorevole” alla separazione delle carriere. “Meglio separare” è il titolo dell’ultima fatica letteraria di Gaetano Bono, sostituto procuratore generale a Caltanissetta. Edito da Le Lettere ed in vendita anche su Amazon, il volume offre interessanti spunti di riflessione su un argomento oggetto di discussione da oltre trenta anni, contribuendo a sfatare alcuni miti secondo cui, ad esempio, con la separazione delle carriere il pm sarebbe controllato dal politico di turno, oppure si trasformerebbe in una specie di super poliziotto.

Scritto con un linguaggio agevole e di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori, il punto di partenza di “Meglio separare” è ovviamente l’articolo 104 della Costituzione: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Qualsiasi riforma, scrive l’autore, dovrà tenere ben saldo questo principio. Il pm “separato”, in altre parole, dovrebbe avere le stesse garanzie di autonomia ed indipendenza del giudice, realizzabile prevedendo due differenti Csm con le medesime prerogative. Solo in questo modo si eliminerebbe in radice l’eventuale sospetto che in caso di indagini delicate e che riguardano politici, le stesse possano essere in qualche modo oggetto di condizionamenti esterni. Il libro passa poi in disamina l’assetto delle procure, oggi caratterizzato da una “gerarchizzazione” con molte ombre e poche luci. La separazione delle carriere, ricorda Bono che ha discusso dell’argomento durante l’ultimo congresso di

Magistratura indipendente, non va comunque considerata come “una panacea, ma rappresenta un’opportunità di modernizzare il sistema giustizia solo se venisse accompagnata da ulteriori interventi, tra cui la riduzione e rimodulazione delle procure, l’incremento della specializzazione dei magistrati requirenti e giudicanti, la diminuzione dei procedimenti civili e penali, l’ammodernamento delle infrastrutture informatiche, la riduzione dei tempi dei processi”. La riforma dovrebbe prevedere inoltre una significativa riduzione dei reati, potenziando le sanzioni amministrative senza ricorre alla giustizia penale. A favore della separazione delle carriere, Bono cita nel libro un illustre precedente, quello di Giovanni Falcone, magistrato che certamente non può essere accusato di aver voluto limitare il ruolo del pm. Critiche vengono infine mosse al progetto di riforma in discussione in Parlamento e che prevede la parità dei componenti laici e togati all’interno del Csm. Su un punto, però, Bono si dimostra un po’ di parte quando afferma che non esiste “sbilanciamento” fra pm e giudici. Purtroppo, e siamo sicuri l’autore ci perdonerà, non siamo così conviti. In questi anni abbiamo raccontato tanti casi di provvedimenti dei giudici che altro non erano che “copia e incolla” di quelli dei pm. A riprova che prima di qualsiasi riforma è necessario un cambio di passo culturale.