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di Edmondo Bruti Liberati

La Stampa, 20 febbraio 2024

L’emozione per la tragedia di Firenze rischia di produrre risposte inutili o addirittura controproducenti. Se tra le vittime vi erano immigrati irregolari, avremmo la conferma che l’edilizia si regge sulla manodopera dei clandestini: quelli che si cerca di respingere in tutti i modi, con le buone o con le cattive, quando arrivano sui barconi. Secondo lo spirito dei tempi la demagogica risposta sarebbe in nuovi reati.

Per l’omicidio colposo sul lavoro è prevista una pena da due a sette anni, e in caso di morte di più persone fino a quindici. Evitiamo di replicare l’insensato populismo dell’omicidio stradale e nautico. Ma anche la proposta, che è stata avanzata da magistrati impegnati nei reati da infortuni sul lavoro: una nuova Procura nazionale infortuni sul lavoro. La Procura nazionale antimafia e antiterrorismo non procede direttamente, ma coordina le indagini delle Procure distribuite sul territorio. Il coordinamento si pone per fenomeni diffusi a livello nazionale, mafie, o a livello transnazionale, il terrorismo, situazione che non si verifica per le morti sul lavoro, dove vediamo anzi la frammentazione degli operatori.

Non si dica che la “solita risposta” della prevenzione è vana. La prevenzione opera un ruolo rilevante con i cosiddetti reati spia per i fatti dolosi, ma è fondamentale per i reati colposi. Le cose da fare: rafforzamento dell’Ispettorato nazionale del lavoro e delle sue articolazioni provinciali; riordinamento delle competenze a livello regionale delle Asl che sono naturalmente portate a concentrare la loro attività sulle strutture della sanità. L’assunzione e la formazione di nuovo personale richiede tempo e non si riuscirebbe mai a produrre controlli a tappeto. Potrebbe arrivare subito non l’intelligenza artificiale, ma la più banale informatizzazione: registro delle presenze giornaliere in cantiere accessibile in tempo reale all’agenzia preposta al controllo.

Non sparirebbero clandestini e lavoratori in nero, ma al costo di commettere il reato di falso nella dichiarazione. Si avrebbe anche un controllo dei subappalti e sarebbe utile anche ai responsabili di cantiere, che devono coordinare l’attività di diversi operatori di diverse ditte. Fa impressione la cifra di oltre sessanta ditte subappaltanti che avrebbero operato a Firenze, ma nell’edilizia la presenza in cantiere di operatori specializzati in settori particolari è inevitabile e perciò deve essere regolata e tenuta sotto controllo.

Questo monitoraggio informatico sarebbe agevole e a costi modesti; sulla base di questa banca dati potrebbero essere programmate le ispezioni dirette sui cantieri, inevitabilmente a campione. E gli interventi immediati sul posto in caso di infortuni mortali avrebbero dati di riferimento precisi. Molto da fare e fattibile senza muoversi sul terreno dei reati e del carcere.

La giustizia penale non interviene su eventi, ma deve accertare reati per i quali specifiche persone siano provate responsabili. Vi è differenza tra responsabilità per un fatto che una persona ha “voluto” commettere (dolo) e quella per un fatto che non è voluto, ma si è verificato per colpa: “negligenza, imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti…” (art. 43 codice penale).

Per una volta il linguaggio della legge è chiaro e comprensibile. L’accertamento della responsabilità per colpa è uno dei problemi più delicati. Perché “sia fatta giustizia”, occorre confrontarsi con la questione della diligenza, prudenza, perizia, capacità professionale che era possibile esigere da quelle singole persone, allora, in quella situazione specifica.

La risposta del populismo penale di ricerca del colpevole da mandare in carcere rischia di produrre ulteriore ingiustizia o anche delusioni se correttamente non si è andati alla ricerca del capro espiatorio. In ogni caso non eviterà nuove tragedie. Per una volta di fronte alla tragedia di Firenze e per rispetto delle vittime si eviti la demagogia e ci si impegni nelle iniziative idonee a contrastare efficacemente le morti sul lavoro.