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di Davide Madeddu

Il Sole 24 Ore, 12 aprile 2024

Dall’inizio dell’anno 30 detenuti si sono tolti la vita in carcere con una media di 1 ogni 3 giorni. Una tendenza che, se confermata, assegna al 2024 il titolo di anno nero per le strutture penitenziarie, superando anche il 2022 quando dietro le sbarre si uccisero 84 persone. A illustrare il dato in audizione sul Rapporto sulla situazione carceraria 2023 in commissione Diritti umani al Senato sono stati i volontari di Antigone, l’associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” che a breve presenterà il rapporto intitolato “Nodo alla gola” proprio per richiamare l’attenzione su quella che viene definita una “vera e propria emergenza”.

Un suicidio ogni tre giorni - ha sottolineato Sofia Antonelli di Antigone. Nel 2022, l’anno record, di questi tempi erano stati 20 e ora nel 2024 siamo a 30. Se continuiamo di questo passo rischiamo di superare il record tragico di 84 suicidi del 2022”. I volontari hanno poi evidenziato un altro aspetto: “Principalmente a suicidarsi in prigione sono persone con grande marginalità e sofferenza, molti gli stranieri, con tossicodipendenze, patologie psichiatriche. Molti erano da poco in carcere, molti erano prossimi a lasciarlo”.

Una tragica conta - Nella tragica conta dei primi mesi emerge che a togliersi la vita, da Ancona a Padova, da Poggioreale a Teramo, continuando con Verona, Torino, Vibo Valentia e Cagliari, sono stati parecchi giovani: 6 tra i 20 e i 29 anni; 12 tra i 30 e i 39. “Di questi 29, il 48% era straniero - ha aggiunto la rappresentante dell’associazione - 9 soffrivano di problematiche psichiatriche, e avevano già tentato il suicidio: 1 era in attesa di Rems, e invece s’è tolto la vita a Torino il 24 marzo”. Due poi erano tossicodipendenti, due erano senza fissa dimora. Tra gli ultimi a farla finita in carcere anche il trentaduenne morto a Cagliari.

Troppi detenuti in cella - A pesare sulla situazione carceraria è anche il sovraffollamento. “Al momento sono poco più di 61 mila i detenuti nelle carceri - ha rimarcato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone -. La capienza regolamentare ufficiale è attorno ai 51 mila posti, ma è una capienza che per stessa ammissione dell’amministrazione penitenziaria è più alta di quella effettiva, perché ci saranno circa 3-3500 posti provvisoriamente inutilizzabili, che ci sono sulla carta ma in sostanza no. Il sovraffollamento riguarda quindi in realtà 13-14 mila persone”. Gonnella poi ha aggiunto: “Non dobbiamo pensarlo uniformemente distribuito sulle 190 carceri italiane. Rebibbia a Roma, o le carceri sarde, per esempio, non ne soffrono. Ma in altri luoghi diventa invece quasi clamoroso.

Il picco in Lombardia - Le carceri lombarde sono le più affollate d’Italia, si raggiungono tassi del 200%. Una presenza doppia rispetto a quella regolamentare”. Numeri che, a sentire il presidente dell’associazione “determinano una grandissima difficoltà degli operatori a personalizzare, individualizzare il loro lavoro. Ma se aumenta il numero dei detenuti rimane stabile quello degli operatori, anzi con i pensionamenti tende a scendere”. Senza dimenticare poi la riduzione degli spazi di socialità.

L’istruzione e i minori - “Anche questo produce tensione - ha aggiunto -. A Regina Coeli una parte dedicata alle scuole è diventata dormitorio, e questo va a detrimento dei diritti fondamentali e dell’offerta scolastica che è doverosa. La parte educativa ha un impatto decisivo sulla recidiva, perché è di qualità”. C’è poi anche il caso dei minorili dove “non si erano mai superati i 350-400 detenuti. Adesso però siamo a 500”

L’auspicio - Quindi l’appello: “Noi dovremmo costruire un sentimento comune sulle carceri fondato sull’articolo 27 della Costituzione - ha concluso Gonnella -, che dà spiegazioni a tutti noi sul senso della pena. È stato scritto dai nostri costituenti che hanno vissuto l’esperienza sulla loro pelle”.