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di Marco Perduca

huffingtonpost.it, 25 luglio 2023

Nordio ci ripensi. Annullerebbe la prassi per cui gli orientamenti politici di chi fa parte di un organo di garanzia siano più o meno rappresentati, perché tutti e tre i candidati di oggi guardano a destra. Pare che il ministro Nordio abbia composto la rosa di candidature per il rinnovo del collegio dei garanti dei diritti delle persone private di libertà: ci saranno tre uomini.

In patente spregio alle raccomandazioni delle Nazioni unite che suggeriscono il massimo di inclusività e rappresentazione all’interno delle istituzioni, e in particolare quelle di monitoraggio e garanzia del rispetto dei diritti umani, e a conferma che Giorgia Meloni ha purtroppo solo leggermente scheggiato il soffitto di cristallo ci prepariamo a un bel triumvirato (del collegio a fine mandato facevano parte Emilia Rossi e Daniela De Robert).

Nordio non solo cancellerebbe le donne, chissà cosa ne pensano i paladini della lotta alla cancel culture a lui vicini, ma annullerebbe anche la prassi per cui gli orientamenti politici di chi fa parte di un organo di garanzia siano più o meno rappresentati - tutti e tre i candidati di oggi guardano a destra.

Garante-in-chief sarebbe Felice Maurizio D’Ettore, ex deputato di Forza Italia arrivato a Fratelli d’Italia attraverso Coraggio Italia. Ordinario di diritto privato a Firenze, già consigliere comunale a Bucine (paesino di 10000 abitanti in provincia di Arezzo) è stato anche il vicepresidente dell’agenzia regionale di sanità della Toscana. Non si rinvengono particolari interessi nei diritti delle persone private di libertà. Più strutturato invece il curriculum del professor Mario Serio, secondo in lista, ma anche qui mancano particolari interessi professionali o pubblici per la detenzione e i diritti delle persone ristrette anche in altre strutture.

Appropriata invece, almeno in teoria, la figura di Carmine Antonio Esposito, ex-presidente del Tribunale di sorveglianza di Perugia e successivamente di Napoli. In teoria perché, lasciando da parte l’età piuttosto avanzata, il Garante fa un lavoro che non può non confrontarsi con la magistratura di sorveglianza, nel caso di Esposito (che una decina di anni fa frequentava i Radicali napoletani) ci potrebbero essere dei potenziali conflitti di interesse - chiamiamoli così.

Nessuno dei tre quindi, con l’ultima eccezione (anche se il presidente non va direttamente a sorvegliare cosa accade negli istituti) non si rintracciano particolari affezioni al rispetto dei diritti umani delle persone ristrette, un’affezione che, dato il tema a le condizioni della detenzione in Italia, va vissuta in maniera diversa da una professione, un’affezione da vivere con piglio “militante”.

Ed è proprio qui il problema. Se i nomi avanzati da Nordio fossero quelli definitivi, la Repubblica italiana potrebbe continuare a godere di (almeno) quattro garanti: i tre maschi investiti ufficialmente e Rita Bernardini che, indipendentemente dal governo in carica e disinteressata a riconoscimenti (chessò un cavalierato, una qualche stella di un qualche ordine per meriti acquisiti nel campo della protezione dei penultimi tra gli ultimi) continuerà a fare quello che ha sempre fatto. Uno scenario invidiabile…

Possibile che il (sedicente) liberale Carlo Nordio, che conosce Bernardini anche di persona, abbia preferito rimanere nel solco della tradizione delle peggiori pratiche dello spoil system quando si parla di diritti umani, piuttosto di far sì che le persone ristrette nelle carceri, in istituti a custodia attenuata, nelle residenze per persone con problemi psichiatrici, ma anche migranti detenuti “amministrativamente” nei Cpr o negli hotspot fino ad arrivare ai rimpatri forzati non possano sperare di avere dalla loro parte qualcuno che conosce perfettamente quel che deve fare, perché lo fa da decenni? Possibile?

Un mese fa qualche gola profonda aveva segnalato la contrarietà di alcune componenti del centrosinistra - e in effetti il silenzio parlamentare sinistro sulla questione regna sovrano -, il 23 luglio il Deputato di Italia Viva ha, finalmente, pubblicamente sostenuto la candidatura con un tweet che ha avuto una certa eco, mentre Schlein and Co. continuano a non esser pervenuti. Che ci sia un baratto in attesa di ravvedimenti operosi dell’ultimo minuto?

Da un paio d’anni Rita Bernardini è presidente di Nessuno Tocchi Caino (una delle associazioni che per anni hanno fatto parte di quella che Marco Pannella chiamava “galassia radicale”) che ha lanciato un appello a sostegno della sua candidatura. “Rita Bernardini” si legge “continua a essere un patrimonio della storia, non solo radicale, di Nessuno tocchi Caino, che andrebbe tutelato come bene prezioso con un dovuto riconoscimento del valore che le è proprio. Un’investitura, finalmente ufficiale, le consentirebbe di esercitare la funzione di Garante come ha sempre fatto e di essere quella che è sempre stata, con la visione del carcere e dei luoghi di privazione della libertà come una comunità, non una somma, un insieme di parti diverse, non contrapposte, da rispettare e conciliare”.

Tanto è fuori discussione la prosecuzione dell’opera di Bernardini per i diritti delle persone detenute e detenenti, quanto è indubbio che gli strumenti di un’istituzione pubblica siano molto più potenti dell’operato di un’associazione della società civile - basterebbe pensare alla presentazione del rapporto annuale alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Certo c’è l’arma della nonviolenza che a volte riesce a contrastare la “distrazione” istituzionale e il silenziamento mediatico, ma l’ex Deputata radicale ha una salute messa a dura prova da centinaia di scioperi della fame. L’appello di Nessuno Tocchi Caino sottoscritto da decine di giuristi si conclude con l’amara constatazione che “servono ‘portatori d’acqua’ nel deserto dei diritti umani specie delle persone private della libertà”, per questo serve Rita Bernardini. Mancano poche ore alla decisione finale, quel che non si fa in mesi si può fare in una notte (cit.). Nordio ci ripensi.